1966 - Porto Venere il mistero del golfo

 

      

        Gli amici (e nel contempo studiosi) di Porto Venere antica si vanno fatalmente diradando, ed è un male, perché, sotto l’aspetto archeologico (strettamente connesso alla valutazione turistica), Porto Venere è ancora un po’ il mistero del golfo! E chissà quale preziosa messe di notizie è sempre celata nei polverosi scaffali degli archivi…
        L’Ente provinciale per il turismo della Spezia ha ora aggiunto alla sua preziosa collana di memorie storiche sulle località di maggiore interesse della provincia due opuscoli dovuti al sovrintendente ai monumenti della Liguria, l’archit. Edoardo Mazzino e cioè «Ricerche sulla colonia genovese di Portovenere» (già comparso in una miscellanea di studi storici dell’Accademia Giovanni Capellini) e « Portovenere genovese nella storia e nell’urbanistica », quest’ultimo con una dotta presentazione del noto storiografo ligure Teofilo Ossian De Negri.
        Ambedue le memorie contengono nuove precisazioni sull’origine e la conformazione urbanistica di Porto Venere, vista sotto gli aspetti civile e militare, assai difficili a riassumere in breve spazio. Ci limitiamo, pertanto, ai soli punti salienti.
        Il Mazzino — come del resto il compianto professore Formentini — considera il « castrum vetus » (nella spianata Lazzaro Spallanzani, ridotta a platea del magico scenario di San Pietro) l’arce originaria dello strano complesso paesistico del quale ammiriamo le ben conservate vestigia ad intensa carica pittorica. Si trattava di caratteristica formazione feudale fondata su preesistenze romane nella quale la parte abitata (il « burgus ») ed il castello erano unità intimamente connesse; il castrum era, in quei tempi tribolati di assalti foranei e di violenze, la fortezza dì tutti. Al vecchio borgo i genovesi innestano dal 1113 al 1139 quello nuovo, ma con la struttura democratica propria dell’ordinamento comunale: castello e borgo sono due unità separate. Nel primo è accentrata la sola difesa militare, nel secondo si svolge la vita civile e « burgus » viene chiamata la stessa « strada pubblica » che del nuovo abitato costituisce la spina dorsale.
        Permane l’incertezza se il « castrum novum » costruito dai Genovesi sia quello attuale, il castrum superius che si vuole edificato ed ampliato in epoche successive, oppure altro del quale facevano parte le due torri circolari tuttora esistenti nei roccioni ad ovest della chiesa di San Lorenzo. Sembrerebbe quest’ultima l’opinione del Mazzino e cadrebbe così l’ipotesi che le torri fossero dei semplici mulini a vento. Ciò conferirebbe maggiore importanza a tali vestigia, accrescendo l’impegno di chi ha l’obbligo di ben conservarle.
        I Genovesi quando ritennero cementata l’unità tra il vecchio e nuovo borgo e sperimentata la « fidelitas » della colonia, rafforzarono ed unificarono in un unico caposaldo i due centri, cingendoli di mura con torri, fra il 1160 ed il 1161. Di notevole importanza dal lato della difesa, era la Torre della Spiaggia, assai ben presidiata. La Spiaggia, o Plagia, serviva già al vecchio borgo come posto di alaggio e riparazione delle imbarcazioni, ma era anche luogo di mercato e di stipulazione di affari marittimi, insieme alla vicina « clapa » (oggi Ciappa), detta così, anche a Genova, dai lastroni di ardesia costituenti il banco su cui si esponeva la merce. Nei cartulari dei notai esaminati dal Mazzino, il sovrastante Muzzerone era allora chiamato il monte Nivelone ed è strana la radicale trasformazione del nome operata nel corso dei secoli!
        In Porto Venere antica esisteva anche il «carribium», una via in salita che portava alla chiesa di San Lorenzo, e l’attuale via Capellini era chiamata, come già detto, « Borgo ». Era da aspettarsi che il Mazzino ne facesse l’analisi dal punto di vista architettonico, prendendo le mosse dal documento di acquisto del territorio dai Signori di Vezzano e valendosi degli atti relativi a contratti immobiliari esistenti nei cartulari dugenteschi dei notai Giovanni di Giona e Tealdo de Sigestro, allora operanti a Porto Venere.
        Il lavoro è stato fatto schedando i rilievi più interessanti di tutte le case del « borgo » a cominciare dalla sutura tra la colonia genovese ed il preesistente Castrum Vetus, dove esistono i resti della cosiddetta « Casa dei Doria », monumento di particolare interesse, anche per la presenza dell’arenaria fra i materiali da costruzione. È risultato che le case medioevali allineate ai due lati del « carruggio » hanno uniformità di caratteri nello schema costruttivo e distributivo (scale, vani, numero dei piani, eccetera) pur comportando diverse soluzioni in quanto costrette in una superficie sempre molto limitata.
        Era rigorosamente prescritto il tetto in ardesia, come si continua a fare per il « centro storico » di Genova, mentre oggi a Porto Venere la regola non è stata in vari casi rispettata...
        Peccato che la ricerca del Mazzino non sia stata estesa ai carugetti superiori (via Colonna, via delle Tre Torri, via della Chiesa ed altri) le cui case si credono in massima parte distrutte, ed ora ridotte ad orti, dal grande incendio del 1340, quando i due borghi contavano in complesso 7000 abitanti. Ma è questa la causa vera? O non vi contribuì anche il bombardamento aragonese del 1494 che quasi distrusse le due chiese? La storia di questo borgo superiore, i cui resti di portali denotano in taluni casi costruzioni « di classe », dev’essere tuttora celata nei cartulari d’archivio ed è certo che gli studiosi di Porto Venere antica ce ne sveleranno il mistero.
        Per ora non resta che far voti affinché la fisionomia del raro complesso archeologico, così riposante per il turista in cerca di cose nuove, sia quanto possibile salvaguardata da ogni deturpazione. Purtroppo, ad esempio, non è stata ancora vinta la « battaglia dei tralicci » che fanno da sostegno a due elettrodotti (uno ENEL ed altro dell’arsenale) per la Palmaria, iniziata dal professor Ettore Andrea Mori, mi pare nel 1934-35, quando comandava il dipartimento l’ammiraglio Aimone di Savoia. Questi ne aveva promesso la rimozione; ma da allora la situazione è invece peggiorata (due linee al posto di una!) mentre la tecnica dei cavi subacquei ha fatto passi da gigante...

 
     
     

  

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