1965 - Porto Venere superba dei suoi venerabili templi

 

      

         Se a Porto Venere gli incendi dei boschi continueranno col ritmo attuale di questi giorni, fra qualche anno ne rimarrà il solo ricordo nei quindici pini che un provvido amministratore del passato ha disposto sull’antica playa (la spiaggia) pre-genovese, dove spesso sediamo con Ettore Andrea Mori — ospite estivo — a goderci i discorsi, i racconti (e perché no il mugugno?) di vecchi amici pensionati, marinai, pescatori, lavoratori, eccetera.
       — Avvocato, quanti anni ha Porto Venere? — gli domanda, a bruciapelo, uno di essi. Non è una « domandina facile, facile » come talune dei quiz televisivi.
       — E Mori gli risponde, con altrettanta prontezza: « Gli anni della chiesa dì San Pietro! ». Quella, s’intende, che da secoli sfida le tempeste sulla prua speronata della bianca penisoletta omonima lanciata verso il Golfo Ligure. Essa ne è l’inimitabile « polena », un quadro panoramico « da milioni di dollari », come lo sentii definire da un turista americano che l’ammirava, nella sua pittorica cornice di rocce, dalla sottostante piazza Lazzaro Spallanzani.
       Sì, gli anni della chiesa, o meglio delle chiese, di San Pietro. E Mori, che ha particolarmente caro l’argomento — i famosi restauri del 1929-1934 si fecero sotto la sua amministrazione di capo del comune — cominciò a spiegare ai vecchi amministrati, pendenti dal suo labbro, le vicende storiche del loro tormentato paese: tormento degli elementi, che nella stagione invernale sembra lo vogliano scardinare dalle sue rocce di marmo portòro; tormento di spietati assalitori, da Annone cartaginese che assalì Portus Veneris, base navale dei Romani, nel 205 avanti Cristo, ai Pisani che invano lo attaccarono più volte nel Medio Evo sotto il dominio genovese, agli Aragonesi (tre anni dopo la scoperta dell’America) che, per la prima volta, martellarono con bocche da fuoco navali, danneggiandole gravemente, le ancora intatte mura del Caffaro, nonché le case-fortezza e le due bellissime chiese.
       Di San Pietro, Mori spiega l’intricato groviglio delle pietre lavorate, più volte mosse e rimosse nel corso di più di due millenni, nelle quali gli archeologi sanno leggere la storia dei paesi, come geologi leggono nelle rocce la storia della Terra. Sicuramente, vi sorgeva un tempio pagano, forse dedicato a Venere Ericina, del quale restano le tracce; poi una chiesetta paleocristiana (o forse due sovrapposte) della stessa corrente monastica orientale cui si devono gli oratori del Tinetto (secolo VI); i resti del monastero bizantino del tempo di San Venerio di cui trattano due famose lettere del pontefice Gregorio Magno; infine l’attuale chiesa gotico- genovese del 1277. Sono cose note e scritte ad esuberanza. Ma è tutto noto alle miriadi di turisti e visitatori che si aggirano nella stagione propizia fra questo veterano monumento della spiritualità?
       E girando la facciata, guardando dal mare il più vetusto monumento panoramico del Golfo, sospeso sull’abisso di rocce dolomitiche particolarmente soggette a frane; osservando i crepacci insidiosi formatisi alla base del prominente mammellone, la grotta dove la libecciata sbatte tonnellate d’acqua con fragore da cannonate, si trema ai pensiero che il prezioso gioiello possa un giorno infrangersi e precipitare nel nulla!
       Porto Venere è oggi troppo assillata dai problemi del traffico stradale — che cresce in modo pauroso (troppe uova nel piccolo paniere di questa località rocciosa e terminale! ) — per occuparsi, o preoccuparsi, delle sue preziose antichità. E fa male, perché ne costituiscono la principale attrattiva. Del resto, la popolazione, checché se ne dica, vi tiene e ne va superba. Tiene soprattutto alle due venerabili chiese, San Pietro e San Lorenzo, lo spettacolo offertoci dai festeggiamenti in onore della Madonna Bianca deve indurci all’ottimismo! Fu eccezionale l’affluenza dei paesani e dei bagnanti alla suggestiva processione notturna con le fiaccole, fu ammirevole il concorso della locale Associazione Pro-Loco alla pittorica illuminazione delle antichità e delle byroniane rocce foranee. A Porto Venere — a dispetto delle contrarie apparenze — qualcosa si muove dalle profondità dello spirito...

 
     
     

  

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