1959 - Una strada per incrementare il turismo

 

      

       Trattare dei problemi turistici del Golfo, ora che i due centri sui quali essi gravitano maggiormente, Lerici e Portovenere, hanno preso l’assetto abituale della « morta stagione » e... del cattivo tempo, può essere considerato di poca attualità. Ciò nondimeno i problemi esistono e le soluzioni vanno studiate e preparate con tempestività, tanto più che non sono facili, richiedono spesso mezzi ingenti e soprattutto molta dedizione, avvedutezza e grande amore per i luoghi a cui si riferiscono.
       li Golfo della Spezia fu mèta turistica di una certa importanza ancor prima che la mente eletta di Cavour lo destinasse a base fortificata e sede del grande arsenale della Marina; gli arenili del borgo ridente della Spezia, stretto nella piccola cerchia di mura fra la Cittadella ed il castello di Nicolò Fieschi, erano, nella stagione estiva, un ricercato soggiorno di famiglie benestanti del Piemonte e della Toscana e all’albergo Croce di Malta la famiglia reale trascorreva di solito i mesi estivi, mentre San Terenzo e Portovenere costituivano il richiamo di poeti e pittori o villeggianti, anche stranieri, e soprattutto inglesi, alcuni dei quali vi avevano costruito ville proprie. Come detta corrente si sia spostata poi nella Riviera e nel litorale toscano è storia nota. Oggi il turismo è considerato una innegabile fonte di reddito in tutti i paesi ai quali madre natura ha concesso bellezze al sole da far valere e la storia vestigia o tesori artistici da far conoscere. Più apprezzato, sotto il punto di vista del rendimento, il turismo straniero, ovviamente; ma vi è un turismo « di classe » anche nostrano, che non può essere trascurato. Abbiamo avuto l’impressione che questo fine costituisca la preoccupazione principale della Direzione Provinciale del Turismo alla Spezia, ciò che risalta in special modo dalla bella collana di pubblicazioni, alcune in pregiata veste editoriale e presentate nelle varie lingue, realizzata negli ultimi anni, la quale costituisce una documentazione storica, artistica e pittorica del Golfo quale non esisteva fino ad oggi. Richiamare ad esso, alle sue sponde incantevoli — per quanto lacerate dalle trascorse contingenze — la predetta corrente di turisti e di villeggianti più o meno stabili, cancellare, o mascherare, fin dove è possibile le lacerazioni ed i deturpamenti al paesaggio, è richiesto, oltre a tutto, dalla mutata economia del Golfo, le cui popolazioni non possono più contare sulle risorse del passato. Forse non tutti ne hanno la precisa e veristica visione e non è qui il luogo di approfondire l’analisi del mutamento, proprio del resto a quasi tutti i paesi della riviera di Levante, ai quali la trasformazione turistica si imposta come una fatale necessità.
       Desidererei mettere in evidenza in questa breve nota — per l’amore che vi porto — i problemi particolari del lato Ovest del Golfo, che appaiono maggiormente connessi all’incremento turistico. Essi si compendiano, ovviamente, in quelli più urgenti, di Portovenere dato che le frazioni, assai più industri, delle Grazie e del Fezzano pur avendo lati paesistici non trascurabili, sembrano amalgamarsi a preferenza con la vita economica della Spezia, del suo porto e del suo arsenale.
       Portovenere, sia a causa della sua posizione avanzata nel Golfo già in forza di una tradizione di vita autonoma connessa alla sua secolare funzione di «colonia genovese» in territorio lunigianese, in passato ha attinto preferibilmente le sue risorse nella navigazione, nella pesca e nelle coltivazioni, tutte oggi in grave crisi, per ragioni troppo profonde, da essere qui discusse nella loro estensione e gravità. Fu quindi naturale l’avvio alla funzione turistica, che già le era stata assegnata, in pectore, quando nel secolo passato correnti di poeti, di pittori e di scienziati italiani e stranieri per primi ne avevano esaltato le bellezze pittoriche, così fuori del convenzionale.
       Esse comprendono, come è noto, bellezze naturali e vestigia storiche di grande interesse, entrambe fonti di attrazione per il turista nostrano e forestiero. Non sarà mai abbastanza raccomandato a chi compete di curarne la buona conservazione e l’attraente presentazione e sappiamo che la preservazione delle antichità sta a cuore a tutti. Vada un plauso al Turismo Provinciale ed al Comune per la ben riuscita messa a fuoco notturna dei monumenti, che ha riscosso l’ammirazione di molti turisti stranieri transitati nelle acque di Portovenere e Lerici con i loro panfili da diporto. E’ buon sintomo che si sia cominciato a far qualcosa per il grande castello superiore, i cui approcci, devastati dall’incendio del 1340, lasciano tuttora a desiderare dal lato dell’accessibilità. Permangono tuttora incongruenze, contrasti e deturpazioni che, nonostante la buona volontà di tutti, non si riesce a cancellare, come gli antiestetici tralicci a cavaliere del paese, i tetti rossi qua e là affioranti in mezzo alla uniformità dei tetti di lavagna, caratteristici del classico paesaggio ligustico, le pretenziose verande «a lanterna» che stonano sul rustico delle case e dei tetti, e via dicendo.
       Più disastrosa la situazione dal lato bellezze naturali. Sacrificate molte delle artistiche scogliere, che formavano la bellezza del sorgitore. Alla Palmaria resa inaccessibile la Cala Grande, con le sue belle grotte: diffidati bagnanti, turisti, pescatori a tenersi al largo per i pericoli delle cave sovrastanti... i cui lavori appaiono sospesi da tempo; resa inaccessibile la Grotta dei Colombi, che fu in passato la mèta di illustri paleontologi, ed oltre a tutto di grande interesse speleologico; devastato dai gitanti incendiari il patrimonio della bella isola, senza speranza che la devastazione abbia termine, in quanto si ripete con allarmante periodicità ad ogni ritorno della buona stagione! Rallegriamoci che ne sia stata risparmiata l’isola del Tino. Per merito del solerte comitato «Pro Insula Tyro» l’anno 1960 ne segnerà la rinascita, nel nome del «Santo Marinaio». per rivivificare valori spirituali legati alla sua vita ed alle sue attività. Sarà poi la volta della Palmaria?
       Grandi speranze, intanto, si delineano per le comunicazioni con Portovenere se troverà consistenza d’esecuzione la proposta della Direzione Provinciale del Turismo circa la « pedemontana » che staccandosi dalla costruenda litoranea per Sestri Levante, attraverso Campiglia, la Castellana ed il Muzzerone raggiungerà il castello di Portovenere, piegando alla spiaggia senza penetrare comunque nel perimetro cintato del borgo. La nuova strada, tagliando a mezza costa le pendici del Muzzerone, svolgendosi attraverso uno dei panorami più superbi del Golfo contribuirebbe a rendere più sollecite le vie turistiche per Portovenere e nel contempo a valorizzare lo stesso Muzzerone, i cui aspetti paesistici possono stare ben al pari di quelli attribuiti al promontorio di Portofino. Il comune di Portovenere si e impegnato a contribuire al lavoro, ma non prima, — almeno si crede — di aver condotto a termine quello, ormai annoso, concernente la deviazione «a senso unico » dall’attuale strada provinciale La Spezia-Portovenere lungo la dorsale e le pendici e calanche del Cavo. Questo allacciamento si rende ormai indispensabile, data la spinta di sviluppo di Portovenere residenziale e turistica verso le insenature dell’Olivo.
       Ma, a proposito, esiste un piano razionale di valorizzazione di questo lato incantevole, e climatico, della baia? Quale sarà la sorte del piccolo cantiere, con scali d’alaggio che rimonta a Domenico Chiodo, ed è ormai del tutto declassato dai meglio attrezzati cantieri del Golfo? Fra le altre impellenti necessità turistiche, vi è quella di favorire quanto possibile lo sport nautico. Nella buona stagione transitano da Portovenere centinaia di panfili d’ogni bandiera, ma ben pochi si fermano. L’esiguo spazio d’ormeggio ad essi assegnato nel Molo Dondero è del tutto inadeguato e basta appena per quattro o cinque di essi. D’altronde, non sembra giusto il provvedimento di far sgombrare i pescherecci dal porticciuolo, come non è giusto togliere le calate alle imbarcazioni per farne godere le automobili.
       Per concludere, l’avvenire di Portovenere, come stazione balneare e turistica estiva ed eventualmente climatica in altri mesi dell’anno, sta nella possibilità con cui gli enti pubblici potranno provvedere, entro limiti di tempo ragionevoli, alle opere di competenza e principalmente alle strade, richieste con qualche urgenza, insieme ai miglioramenti marittimi. Ma non bisogna illudersi che ciò sia tutto. Soltanto l’iniziativa privata — fino ad oggi assente del tutto o quasi — potrà rendere Portovenere, se non proprio una stazione turistica di lusso, che nessuno desidera (e per quale mancano tutti i presupposti) una mèta serena, un soggiorno riposante per quanti cercano la diversione dalla vita febbrile e dal frastuono in una sana atmosfera di spiritualità e di naturale bellezza.

 
     
     

  

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