1963 - Salviamo l'avvenire turistico della baia di Porto Venere

 

      

        Fu Sem Benelli a qualificare molti anni fa « Golfo dei Poeti » il golfo della Spezia: per la bellezza pittorica delle sue insenature, il manto sempreverde delle alture « popolate di case ed uliveti », l’orrido dantesco delle rocce foranee; ma anche perché le sue bellezze furono esaltate dai maggiori poeti antichi e moderni, pagani e della cristianità.
       Oggi, in cui la foga incontrollata del cemento armato sta avviando il golfo verso un nuovo aspetto di conformismo (e di banalità) in tutto degni dei paesi senza bellezze naturali e senza storia, ci si domanda perplessi se la poetica denominazione benelliana potrà resistere ancora al tempo, dato che le lacerazioni e le deturpazioni al paesaggio originale hanno tutto il carattere dell’ineluttabilità.
       In questa breve nota vorremmo richiamare l’attenzione alla maggiore attrattiva — Porto Venere — del lato occidentale del golfo.
       Non tratteremo, poiché lo spazio non lo consente, delle sue impareggiabili antichità, abbandonate al loro destino (diremmo quasi tollerate) dopo lo sforzo di ricostruzione operato anni or sono per l’interessamento di benemerite personalità ( Giovanni Capellini, Manfroni, Ubaldo Formentini, Mori, il compianto don Castellini e altri). Parleremo del mare di Porto Venere, il quale (cosa paradossale per un paese marittimo!) sta per subire la stessa sorte, succube degli sviluppi di terraferma. Ritenuti assai più contingenti.
       La baia di Porto Venere per la sua posizione foranea all’entrata del golfo, fin dalla remota antichità ha sempre svolto funzione di tappa, nonché di rifugio negli itinerari marittimi lungo la penisola da o per le grandi isole del Tirreno. Così “Portus Veneris”, nella « istruzione geografica » di Claudio Tolomeo del 150 dopo Cristo, è considerato approdo di sosta e rifornimento nei viaggi delle triremi romane fra Roma, Genova e la Spagna. Trattandosi di navi a remi e di coste impervie e battute dalle tempeste, le tappe erano brevi (ad esempio da Pisa a Luni, da Luni a Porto Venere, da qui a Sestri Levante, quindi Portofino eccetera).
       Oggi ciò si ripete, quasi nelle stesse condizioni, per il piccolo naviglio da diporto che segue all’incirca gli stessi itinerari ed ha le stesse ed altre necessità di rifornimenti, nonché quella comune di trovar ridosso al cattivo tempo.
       Alle nuove esigenze del turismo nautico Porto Venere si presenta del tutto sprovveduta. Le occorre soprattutto un porticciuolo d’attracco per panfili e motoscafi, con relativa stazione di servizio (non la rimessa invernale per la quale sembrano più adatte le calanche interne del golfo).
       Ciò non può essere fatto che in località esterna all’approdo al vecchio borgo, e il seno dell’Olivo vi si presenta egregiamente anche per la sua facile accessibilità con macchine. Ma a chi l’iniziativa?
       Mentre si trascura il naviglio da diporto — la cui funzione turistica non è minore di quella delle « quattroruote » — non si pensa affatto a facilitare chi possiede una piccola imbarcazione, per servirsene a scopo utilitario o per diletto. Nella stagione estiva il numero di tali natanti è raddoppiato e per l’insufficienza del banchinamento, l’assoluta mancanza di «scivoli» e altri posti di alaggio, il mare si riempie di «corpi morti» con i relativi gavìtelli (su ognuno dei quali il demanio marittimo percepisce la tassa di concessione, abbastanza alta...). Oltre a tutto intere zone di mare risultano, in conseguenza di ciò ostruite al traffico!
       E veniamo infine al «punctum dolens»: i bagni. Coloro che annualmente chiedono ristoro estivo al mare di Porto Venere, non potevano aspettarsi quest’anno che al disappunto di un’estate burrascosa e sconcertante si aggiungesse il cronico intorbidamento delle acque (un piccolo Mar Giallo l’incantevole litorale dell’Olivo!) dovuto all’abusivo discarico di materiali terrosi ricavati dalle intensive costruzioni edilizie sui dorsi del Muzzerone. Perché qui il verde va rapidamente scomparendo! Chi costruisce fa scempio di piantagioni e d’ogni cosa intorno, senza curarsi di ristabilire quel minimo di zona alberata che contribuisce a mantenere il paesaggio.
       Come la notte porta consiglio per l’attività ed il comportamento del giorno successivo, il prossimo inverno sia guida e riflessione per enti e autorità preposti all’avvenire di Porto Venere quale stazione turistica del golfo, anche e con qualifica alquanto più familiare di tante altre considerate normalmente stazioni di lusso.
       Questa sua caratteristica non la esime però — senza il pericolo di un rapido decadimento del quale (diciamolo con tutta franchezza) si scorgono i segni premonitori — dal considerare seriamente una serie di provvidenze delle quali si additano qui le più urgenti: una maggior cura della pulizia del borgo storico, specie nella parte alta, accesso alle maggiori antichità; una rigorosa applicazione delle disposizioni provinciali in materia di igiene e sanità; idem per le spiagge ora tutte in stato deplorevole; massima attenuazione del rumore estivo nelle ore notturne. Oltre, beninteso, i provvedimenti già accennati a proposito del turismo nautico.
       Ci sia permesso infine di esprimere un parere che potrà anche non essere condiviso: Porto Venere, la cui importanza storica deriva dai suoi 13 secoli accertati di vita (le famose lettere del Papa San Gregorio Magno del 549 era Cristiana), è un prezioso patrimonio di tutti i liguri, e del golfo della Spezia in particolare. Come tale, non può essere abbandonata alle scarse possibilità delle risorse e delle iniziative locali.

 
     
     

  

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