Sull'assalto indiscriminato del cemento

 

       Napoleone nel suo esilio alla isola di Sant’Elena si era ricordato del nostro golfo, lasciando scritto: «La Spezia è il più bel porto dell’Universo, la sua rada è anche superiore a quella di Tolone la sua difesa per terra e per mare è facile, ecc. ecc.».
       Ce lo ricorda il maggiore generale G. N. Gino Galuppini in un suo pregevole studio su Rivista Marittima luglio-agosto 1969 dal titolo « L’arsenale di La Spezia nel centenario della sua inaugurazione » (20 agosto 1869). Si apprende dallo scritto che Napoleone, con ordine del 10 giugno 1808 aveva disposto l’erezione di fortezze sulla cima della Castellana, nel punto centrale e culminante della Palmaria, sulla punta di Maralunga e al Tino (quest’ultima non fu fatta).
       Come è noto, dal forte napoleonico della Palmaria ne germinarono, dopo la costituzione del Regno d’Italia, vari altri: furono costruite caserme e buone strade rotabili e pedonali. La bella isola, dal profilo di cetaceo volto con la testa a S.Pietro, cambiò il volto agreste e boschivo che le avevano dato i frati benedettini col crescere ad importanza del monastero di San Venerio al Tino (del quale costituiva una delle proprietà) in quello di baluardo militare avanzato della piazzaforte. Ma solo dopo il primo conflitto mondiale, con l’inasprirsi delle servitù militari, delle proibizioni e via dicendo, la Palmaria perdeva del tutto quel minimo d’importanza economica che aveva conservato (polmone secolare di respiro per Porto Venere) anche nel pieno della sua funzione militare.
       Gli articoli sulle nuove concessioni alla Palmaria apparsi su questa cronaca il 13 e il 23 dello scorso settembre erano stati accolti con interesse da quanti hanno ancora vivo il senso delle bellezze naturali profuse ai due lati dell’entrata del nostro golfo, il cui panorama, dominato dalla grandiosità delle Apuane, non ha nulla da invidiare alle famose coste che hanno per fondo le Alpi Marittime. E sembrò che, dopo anni di torpore, ne dovesse seguire un movimento di opinione pubblica inteso a meglio illuminare chi dovrà provvedere alla sistemazione definitiva di un territorio d’importanza vitale per l’economia e il turismo.
       Si è appreso, in particolare, che nella riunione presso il Rotary Club erano state dette cose giustissime: direi quasi che tutti avevano ragione. Il che rende assai nebuloso il problema della linea più pratica da seguire, ora specialmente che non si può contare su di un piano regolatore, poiché quello presentato non ha avuto approvazione. Ma il movimento sopra accennato non si è manifestato, mentre si son visti i « bull-dozers » già al lavoro in quella cala di San Giovanni che è forse il posto più ridente dell’intera Palmaria.
       Dopo quanto è avvenuto nelle piaghe più ridenti, si può ben dire che la natura ha oggi più orrore dei piani regolatori di quanto non avesse « del vuoto » nell’erronea credenza dei filosofi antichi. E per la Palmaria, ritengo tutti concordi nel riconoscere che la parola spetta per prima alla natura.
       Nel gran rumore del mondo in cui si vive per gran parte dell’anno gli uomini vanno cercando pace, silenzio e tranquillità. La Palmaria offre tutte le caratteristiche per divenire oasi di distensione per chi ama tale genere di riposo, o ne ha bisogno assoluto. Le offre sotto l’aspetto residenziale e quello sociale, quest’ultimo quale sfogo alle masse (ma con la necessaria disciplina) come ha richiesto l’avvocato Franco Borachia nel suo intervento al Rotary.
       Sarà tutto ciò sacrificato al dio cemento, con le conseguenze che ne derivano, i villini in serie, i grandi alberghi, i « nights », e le discariche a soffocamento di spiagge, scogliere e vivai di pesci e molluschi?
       Lo riteniamo molto improbabile, tanto più che la Palmaria rimane in parte a disposizione della difesa militare. Meglio sarebbe attenersi ad un programma minimo, tenendo conto delle varie opinioni scaturite nella citata riunione al Rotary Club. Del resto un principio di rivalorizzazione operato da i privati esiste già sui versanti del Terrizzo ed è stato fatto senza deturpazione al paesaggio. Si potrebbe continuare su questa linea, concedendo facilitazioni per la cessione di aree e fabbricati demaniali ai privati ed in particolare a coloro che subirono esproprio di terreni per uso militare. E, prima cosa, rimettere in ordine le strade. E perché non incoraggiare i campeggi? Ma, forse, le mie sono idee dell’altro secolo! Chi vivrà, vedrà.

 
     
     

  

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