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Portovenere non
ha fretta, né
d’invecchiare,
né di
rinnovarsi.
Sempre la
stessa,
nonostante le
deturpazioni, la
sagoma
caratteristica,
ed unica al
mondo, del
turrito borgo
ligustico: una
grande galeazza
medioevale, con
l’alto cassero
di poppa e la
prua di roccia
protesa verso il
Golfo Ligure. I
moderni vi hanno
aggiunto, a
completare
l’assetto
marinaresco,
quattro brutti
tralicci per
linea elettrica
industriale: un
vero pugno
nell’occhio per
il paesaggio, i
cui aficionados
ne hanno
richiesta da
tempo la
sostituzione con
mezzi meno
appariscenti.
Anche il
rinnovamento di
Portovenere,
fuori della
cerchia delle
sue mura
genovesi, segue
il lento ritmo
della nuova
strada litoranea
voluta
dall’attuale
Amministrazione
Comunale, già
completata per
una buona metà,
con grande
vantaggio per il
traffico. I
portoveneresi la
chiamano già il
loro lungomare,
e ben a ragione
potrebbe essere
denominata
Lungomare
Giuseppe
Garibaldi, per
lo meno nel
tratto
prospiciente la
storica «
Casetta », sul
cui pontile
l’Eroe transfuga
sbarcò nel 1849.
La nuova arteria
ha già in parte
valorizzato
alcune delle
insenature care
al geologo
spezzino
Giovanni
Capellini, la
cui memoria è
sempre viva in
questi luoghi, e
quando
completata
porterà a nuova
vita
l’incantevole
Seno dell’Olivo
e le pendici del
Cavo, il bel
promontorio che
chiude a levante
la baia di
Portovenere.
A parte l’ormai proverbiale lentezza dei
lavori della
nuova strada
(insita
nell’erogazione
a contagocce dei
fondi
assegnati),
l’opera ha un
grosso inciampo
nel vecchio
Cantiere
dell’Olivo,
sorto per altre
necessità al
tempo della
costruzione
della Diga
Foranea del
Golfo, e vi è da
augurarsi che
l’auspicata
soluzione sia
concordata al
più presto.
Intanto vi è chi
prevede (con
alquanta
fantasia) la
costituzione di
una nuova
Paraggi al posto
dell’attuale,
modesto,
cantiere di
raddobbo, ed
è certo che non vi
mancano le
premesse
necessarie.
Seppur senza
fretta,
Portovenere si
va gradualmente
estendendo verso
le sue belle
plaghe di
levante, senza
peraltro poter
prevedere quali
ne saranno gli
sviluppi. Ma i
vecchi
portoveneresi
continuano a
restare
fermamente
attaccati al
loro « scoglio »
e vorrebbero
vederlo più
progredito e
meglio dotato
delle
attrezzature
necessarie.
Sanno che il
mare continua ad
essere, oltre a
tutto, il loro
cespite e
ragione
principale di
vita. Giudicano
il loro porticciuolo,
che è ancora
quello del 1890,
del tutto
insufficiente
alle necessità
attuali, pesca,
traffico,
turismo nautico.
Le calate sono
insufficienti al
movimento delle
300 e più barche
inscritte alla
delegazione, che
si moltiplicano
durante i mesi
estivi, tenuto
conto che buona
parte dello
spazio è
occupato dal
traffico di
vaporetti e
motoscafi nonché
dai
motopescherecci
in approdo o di
stanza locale.
Nulla resta a
disposizione dei
numerosi yachts
da diporto,
nazionali e di
bandiera estera
che soggiornano
(o
soggiornerebbero,
se vi fossero le
comodità) nel
pittoresco ed
apprezzato
sorgitore.
S’impone ormai
un prolungamento
(a levante?)
dell’attuale
moletto della
scogliera e del
piccolo pontile,
nonché
l’auspicato
ampliamento
delle calate.
Queste
dovrebbero poi
essere liberate
dal traffico
automobilistico
(e delle
motociclette,
spesso a grande
velocità)
restituendole
alla vita
paesana e
marinaresca.
Sembra infatti
che la nuova
strada offra
spazio
sufficiente ai
posteggi e che
la calata
principale possa
essere
restituita alla
sua funzione
naturale,
liberando il
borgo
medioevale, caro
ai pittori ed a
chiunque ha
cuore d’artista
e senso del
bello, da un
traffico
innaturale, che
ne disturba la
vita e la
quiete. Chi ha
girato il mondo
in lungo e in
largo deprecava
giorni or sono
lo stato di
abbandono in cui
sono lasciate
alcune delle più
apprezzate
antichità di
Portovenere,
quali il grande
castello a
cavaliere del
borgo, forse
unico nel suo
genere fra le
vestigia delle
antiche
Repubbliche
Marinare. Un
programma di
ripristino ormai
s’impone!
Portovenere non invecchia; ma qualcosa vi è
ormai morto,
quasi
definitivamente:
l’industria
paesana della
pesca! Lo sentii
affermare dai
Massa, pescatori
emeriti da 400
anni, come
risulta dai
documenti
presentati ad
una Commissione
d’indagine del
passato regime,
che aveva
stabilito uno
speciale
riconoscimento
ai benemeriti di
tale attività.
Quali le cause
del fatale
decadimento?
Lasciamo a chi
spetta l’ardua
sentenza,
convinti che
anche in Italia
esista una
Autorità
incaricata di
studiare
problemi del
genere.
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