1959 - In morte del fratello.
Porto Venere ha perduto un illustre figlio, il generale Tito Montefinale

 

       Portovenere, nido di marinai e navigatori, colonia e base fortificata della repubblica genovese dal 1113 alla sua caduta, ha dato in epoche passate e recenti nomi illustri alla storia: San Venerio, gli ammiragli Cavalleri, Giovanni e Simone Barbavara, Giuseppe Graffigna detto il « Cardinalino », il famoso corsaro Bardella, morto combattendo contro i turchi; e poi scrittori e religiosi di notevole rinomanza, quali il Rechino (secolo XV), il Tramallo (vescovo nel 1600), il vescovo di Aiaccio Maggiolo (1802), l’arciprete Lamorati (scrittore e storico del 1600) ed altri, nel tempo dello splendore o della decadenza della repubblica. Ebbero inoltre radici familiari a Portovenere i professori e senatori Giovanni Capellini e Camillo Manfroni, illustre geologo e paleontologo spezzino di fama mondiale il primo, grande storico delle marinerie italiane medioevali il secondo.
       Il 24 dello scorso maggio Portovenere ha perduto un altro suo amato figlio, resosi benemerito al servizio e nelle difficili vicende della Patria: il generale di Corpo d’Armata a riposo Tito Montefinale. Schivo, per sua natura, da ogni pubblicità, per di lui espresso volere la sua scomparsa doveva passare completamente inosservata e così è avvenuto. Tuttavia, a distanza di oltre un mese dal luttuoso evento, non si può non ricordarne le benemerenze, che fanno onore al suo paese natio ed all’intero nostro Golfo.
       Era nato a Portovenere il 12 maggio del 1868, dal dott. Gabriele, medico del Comune, come lo era stato in precedenza il di lui padre dott. Tommaso, che fu, fra l’altro, insigne latinista, legato d’amicizia con i patrioti di Lerici e gli emigrati risiedenti alla Spezia. Così nel settembre 1849 aveva accolto ed ospitato nella sua casa di Portovenere l’accorato ed indomito transfuga della Repubblica Romana Giuseppe Garibaldi, provvedendo poi a farlo proseguire per La Spezia con una barca del luogo. Lo stesso dottor Gabriele, durante il suo primo tirocinio a Genova, alle dipendenze del grande chirurgo e patriota Agostino Bertani, organizzatore dei « Mille », aveva fatto parte del cenacolo di adepti e sognatori dell’idea unitaria che faceva capo a Maria Mazzini e ne divideva il pensiero e le ansie nei riguardi del suo Grande Figlio.
       Quarantaquattro anni or sono, nella stessa giornata del 24 maggio in cui spirava a Roma, Tito Montefinale, col grado di tenente colonnello di artiglieria, aveva passato, alla testa delle sue batterie da campagna, il confine italo-austriaco a Cervignano. Una lunga vita la sua, dedicata per 50 anni all’esercito e all’artiglieria, dall’uscita dall’Accademia di Torino nel 1888 a comandante della divisione territoriale nella stessa sede nel 1927 e poi ispettore d’artiglieria a Roma dal 1931 al 1934.
       Già nella prima gioventù ebbe particolare disposizione agli studi matematici e nel proseguo della carriera diede all’artiglieria italiana ingegnosi ed utili strumenti per il tiro, tuttora in uso e, più che tutto, lasciò traccia delle sue capacità innovative nelle varie pubblicazioni che vi si riferiscono, molte delle quali, rinnovate interamente sotto la sua direzione, sono sempre regolamentari. Destò interesse al riguardo un suo studio pubblicato intorno al 1925 « La prossima guerra » nel quale, facendo tesoro dell’esperienza acquisita durante la guerra 1915-1918, prevedeva un totale capovolgimento nella condotta delle operazioni terrestri in dipendenza delle nuove armi introdotte, segnatamente i carri armati.
       Durante il periodo della neutralità italiana l’ammiraglio Thaon di Revel aveva concepito l’ardito disegno di rendere impossibile alla flotta austro-ungarica la dimora « in potenza » nella baia di Cattaro, col collocare una forte postazione di batterie di grosso calibro sul prospiciente Monte Lovcen, soggetto al Montenegro, a noi favorevole. Dell’impresa era stato incaricato il colonnello Montefinale, inviato segretamente sul posto per i preparativi necessari; ma all’ultimo momento mancò la disposizione del materiale, utilizzato per le necessità del fronte.
       Del servizio del generale Montefinale durante la prima guerra mondiale va ricordato il concorso dato alla Marina durante la difesa di Durazzo, in occasione della ritirata e del salvataggio dell’esercito serbo; l’attestamento delle artiglierie sui monti avanzati di Treblova, che impedirono l’occupazione dell’Albania e di Valona da parte delle Potenze Centrali e la sua azione nel dicembre 1917 al fronte del Veneto, che gli valse la decorazione di cavaliere dell’Ordine Militare di Savoia con la seguente motivazione: « Malgrado difficoltà di mezzi e mancanza di personale seppe, con intelligenza, attività ed energia, in breve tempo ottimamente organizzare l’artiglieria di un corpo d’armata che arretrava sul Piave, e con saggio impiego concorrere in modo efficace ed a tempo opportuno ad annientare masse avversarie che attaccavano sul fronte di un altro corpo d’armata (Montello, dicembre 1917) ».
       Nel 1934, collocato in ausiliaria per raggiunto limite d’età, veniva nominato senatore del Regno per riconosciute benemerenze nel campo tecnico-militare ed in tale alta posizione cercò di rendersi utile, quando necessario alla sua regione ed al suo paese natio. Fra l’altro, aveva ottenuto dalla Fondazione Carnegie un’assegnazione periodica di fondi all’asilo infantile di Portovenere, che dedicava in riconoscimento una sala al suo nome.

 
     
     

  

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