Gino Montefinale:
Raccolta di articoli di storia, di radio, di mare

 

 

IL CERVELLO DELLA NAVE


Una questione d’Architettura Navale.

 

RIVISTA NAUTICA, giugno 1908

 

 

Dopo il conflitto ispano-americano in parte, ed ancor più dopo la guerra russo-giapponese del 1904-05, si accentuò in tutte le marine del mondo la tendenza alla riduzione delle soprastrutture delle navi da battaglia, perché ritenute dannose piuttosto che utili in combattimento.

Così si cominciò dalle coffe militari sorgenti sulle alberature, che talvolta erano trasformate in veri minareti; poi venne la volta delle tughe, dei casotti, delle passarelle ed ultimamente anche dei palchi di comando. Nello scorso inverno le nostre due unità tipo Margherita subirono a questo riguardo importanti modificazioni, l’una nell’arsenale di Spezia e l’altra in quello di Napoli. Ad esse vennero tolti i due alti palchi di comando di cui erano dotate, ed i casotti annessi vennero rimpiazzati con altri più leggeri sistemati sul cielo delle due tughe.

È da sperare, quindi, che queste ingombranti soprastrutture non compariscano più nelle navi di nuova costruzione, e che siano ridotte anche in tutte le altre unità della flotta che le posseggono ancora.

Sebbene molti vogliano affermare il contrario, la utilità dei palchi di comando è dubbia in tempo di pace, specialmente oggi che non si conferisce alla manovra l’eccessiva importanza d’una volta e si giudicano i comandanti anche sotto altri aspetti dapprima molto trascurati; l’inutilità loro in tempo di guerra è poi palese sotto due aspetti principale: primo perché il comandante non vi risiede; secondo perché essendo essi in generale sistemati sulla cupola delle torri di comando, i loro rottami, cadendo, ne vanno, come è risultato appunto dalle ultime azioni navali, a limitare grandemente il circolo di visibilità. Quindi, ed a ragione, non più palchi di comando. Ma, dopo di ciò, siamo noi certi di aver dato una buona sede al cervello della nave, sia in tempo di pace che in tempo di guerra?

La questione è, a parer mio, della maggior importanza, ed il non averla ancora risolta completamente presso nessuna marina è uno dei segni della tendenza insana, ma sempre persistente, che vi è presso tutti, di dare più importanza al materiale che all’elemento uomo.

Che vale, e il Cesarewitch insegni, avere buone macchine, ottimi cannoni, corazze robuste, quando, per insufficiente protezione, viene a mancare la mente che tutto deve dirigere e sapientemente impiegare? La nave da guerra è, in questo caso, come una persona bella, robusta, dotata di grande intelligenza, ma colla mente squilibrata e, quindi, nell’impossibilità di sapersi valere delle sue ottime doti naturali.

Studiamola adunque, questa nuova sistemazione che possa contenere la mente suprema della nave, le altre persone che la devono coadiuvare direttamente, e tutti quei congegni mirabili che servono a diramare la sua volontà ai più lontani recessi della nave.

Non può essere l’attuale torre di comando che contiene a mala pena il comandante, non più di due persone e pochi istrumenti; non può essere uno dei soliti palchi di comando per le ragioni già dette; essa deve essere un locale molto più ampio, più massiccio, che potrebbe servire in tempo di guerra, ed anche in tempo di pace, senza recar disagio alle persone che vi si devono trattenere a lungo.

Questo nuovo locale, che racchiuderebbe in sé la protezione della torre di comando ed i vantaggi dei palchi di comando e dei casotti, si potrebbe chiamare il ridotto di comando.

Ecco come potrebbe essere costruito: dove ora sorgono, nella massima parte delle grandi navi, la torre e il palco di comando si dovrebbe costruire un massiccio corazzato, una specie di mozione quasi ellittico in continuazione, ad esempio, di una delle traverse corazzate prodiere. Esso potrebbe essere cinto da una specie di palco con battagliola leggera, a guisa di balaustra, per il comandante o l’ufficiale di guardia in navigazione; il cielo del ridotto potrebbe essere simile a quello delle odierne torri di comando con l’analogo vano circolare per permettere la visibilità. Nell’interno di questo ridotto corazzato vi dovrebbero essere la bussola, la ruota del timone, gli apparecchi per le manovre al traguardo, i telegrafi di macchina e tutti gli altri organi importantissimi che finora trovano posto nei cassoni volanti, e quindi di nessun impiego al momento del maggior bisogno. Essi sono molto numerosi e di natura molto delicata, e sono gli indicatori dei giri delle macchine, gli indicatori di barra, i trasmettitori di ordini di distanze, di cursori, i telefoni ad alta voce, gli istrumenti pel lancio elettrico dei siluri, ed altri ecc. ecc. che devono essere sempre in vicinanza di chi dirige la nave. La sistemazione di tali istrumenti dovrebbe essere altresì curata in maniera che essi non subissero avarie per effetto degli urti dei proiettili sulle pareti del ridotto, come si è verificato colle attuali torri di comando.

L’interno di questo ridotto dovrebbe essere suddiviso in modo da permettere il carteggio e tutte le operazioni accessorie della navigazione. Rammentiamo a tal uopo che coi moderni sistemi matematici di combattere, le mansioni dell’ufficiale di rotte sono molto accresciute, e la sua presenza vicino al comandante è divenuta più che mai necessaria. Ricordiamo altresì che molte navi russe, dopo la battaglia, si trovarono quasi prive di tutto il materiale necessario alla condotta della navigazione, ed alcune si ridussero al punto di navigare colle stelle. Ciò non può avvenire, a parer mio, racchiudendo in luogo protetto, e nello stesso tempo elevato, il materiale di rotta.

Ho detto che il ridotto di comando potrebbe servire anche in tempo di pace, in cui fino ad ora comandante ed ufficiali di guardia si abituavano a manovrare le navi in condizioni molto dissimili da quelle della vera guerra, né mi risulta che le manovre dalla torre di comando siano state fatte molto di frequente. Per poi non obbligare  il personale a restare troppo chiuso in questo locale per lunghe ore, non credo che vi sarebbe molta difficoltà a praticarvi delle finestre da chiudersi a saracinesca, valendosi all’uopo anche di appositi motori elettrici. Si capisce che l’entrata nel ridotto dovrebbe essere sempre fatta dal basso e quindi dai ponti inferiori.

Se poi la radiotelefonia è destinata, come pare abbiano dimostrato le ultime esperienze di Spezia ad entrare a far parte dei sistemi di segnalazione di bordo, o forse a sostituirli completamente, senza dubbio il set radiotelefonico sarà un altro dei numerosi apparati che dovranno stare in vicinanza del cervello della nave. E siccome anch’esso dovrà risiedere in luogo protetto, quale sistemazione migliore potrà avere che quella del ridotto di comando?

Sembrerà forse una mania quella di voler tutto proteggere e racchiudere entro corazza, ma i fatti ci danno ragione. Parecchi anni or sono sorse, malauguratamente chi sentenziò: La miglior difesa è il cannone – noi aggiungemmo più tardi: La miglior difesa è il cannone ben difeso – ed anche in questo le idee moderne sono dalla nostra: infatti, vi è in questo momento – sull’altra sponda – che pensa a dare un’efficacie protezione anche ai pezzi antitorpedinieri, lasciati per lungo volger di anni a far bella ed inutile mostra sulle soprastrutture.

Non mi sembra, quindi, del tutto ingiustificata l’idea di dare una miglior protezione anche agli uomini che hanno il governo della nave.

Quest’idea, che non ha nessuna pretesa di suggerimento, sarà forse prematura oggi che non abbiamo ancora perduta tutta quella scorza di antichità e di tradizioni, che ha sempre trattenuto noi uomini di mare nelle vie del progresso.

Ai tecnici il ponderato giudizio.

Ma io vedo le navi dell’avvenire, i futuri mastodonti del mare che, semplici ed austeri, non avranno dei loro confratelli del passato – i pigmei della nostra epoca -  che ancora qualche raro carattere: e tutto in essi sarà mutato – tranne che il cuore dei loro condottieri.

 

BLACK-DICK

 


 

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