Gino Montefinale:
Raccolta di articoli di storia, di radio, di mare

 

 

L'ORIGINE DELLA SCUOLA NAVALE DI GUERRA


Ricordi di mare 

Rivista Nautica, aprile 1908

 

Nella primavera del 1903, dopo la grande rivista navale che pose termine alle feste franco-italiane nel golfo di Napoli, le navi francesi, al comando del vice-ammiraglio Gourdon, lasciarono le acque partenopee dirette a Tolone. Le navi italiane si separarono in due squadre: una composta delle migliori unità che allora contava la nostra marina, Ammiraglio di Saint-Bon, Emanuele Filiberto, Sicilia, Carlo Alberto, Garibaldi, Varese, Agordat, Coatit e la piccola Partenope, tutte sotto gli ordini del vice-ammiraglio Morin; l’altra composta dal Dandolo, Andrea Doria, Re Umberto, Sardegna, G.Bausan, agli ordini del contrammiraglio Bettòlo.

Mossero per le acque di Gaeta le prime, per il Mar Piccolo di Taranto le seconde: così la gloriosa divisione di riserva era costituita.

Il Mar Piccolo di Taranto, che non aveva ancora ospitato tante navi, acquistò una nuova vita ed una nuova fisionomia: la bianca città, assisa sul limitare dei Due Mari, ne divenne più gaia; quelle navi scossero, quasi, il torpore in cui Taranto giaceva da secoli, dopo la grandezza passata.

E la vita ferveva in quel vecchio gruppo di navi, intensiva e continua, sia in porto che nelle brevi navigazioni sempre ricche di esercitazioni improntate a concetti guerreschi moderni, feconde per gli ufficiali e per gli equipaggi di sani e nuovi ammaestramenti.

Erano frequenti le crociere, ora lungo le sponde basse del Mare Ionio, ora per la bella costa meridionale della Sicilia e sulle rive dello stretto, ora fino alle profonde insenature d’Albania ed all’uniforme costa italiana dell’Adriatico, dal brullo Capo di Santa Maria di Leuca fino alle spiagge popolate della Romagna e delle Marche. Gli abitanti dei numerosi paesi di quella costa pittoresca erano svegliati alla notte dallo splendore insolito dei proiettori e talvolta dal rombo cupo del cannone; al mattino, vedevano sorgere, come per incanto, le grosse moli all’ancora e correvano in massa per visitarle.

Dopo la bella stagione, quando quei bei mari cominciano a sconvolgersi per la bora e per lo scirocco invernale, le navi si ritiravano nuovamente nella loro base d’operazione, nel Mar Piccolo di Taranto.

In quella modesta riunione di navi, in cui si poteva dire che suppliva il valore degli uomini alla deficienza del materiale, sorse, senza dubbio, la prima idea della Scuola Navale di guerra.

Un giorno si sparse la voce pei quadrati, che l’ammiraglio Bettolo stava preparando dei temi di conferenze per gli ufficiali. Poi la voce divenne realtà. Le prime conferenze furono lette sulla nave ammiraglia alla presenza di numeroso uditorio: l’ambiente era solenne e severo. E dopo la lettura del conferenziere, veniva aperta la discussione fra tutti i presenti sul soggetto della conferenza e sulle idee esposte in essa. In ultimo, era l’ammiraglio che colla sua forbita e sapiente parola riassumeva e confutava tutti gli argomenti e le opinioni esposte, e ne traeva conclusioni sempre nuove e geniali, sempre piene di utili ammaestramenti per noi tutti.

Era bella e solenne questa funzione che si compieva sul mare, in un ambiente sereno e militare; oltre a servire d’ammaestramento agli ufficiali, quelle conferenze ponevano lo Stato maggiore delle navi per breve tempo a contatto col loro Duce, cementandone vieppiù i vincoli di stima e di venerazione.

Forse, lontano dal mare e dalle navi, ma sempre ad esse col pensiero, Egli ha rievocate quelle sane riunioni del glorioso Partito Rosso, della giovane «band of brothers» che ne costituiva gli Stati Maggiori e ne ha tratta ispirazione a concretare qualche cosa di più grande e di veramente utile per tutti gli ufficiali della Marina.

E possano le future conferenze infondere in essi – insieme ad un maggior interesse per le cose della Marina e ad un grande amore per il nobile mestiere navale – quello spirito di solidarietà e di reciproca stima che riuniva ed affratellava i capi ed i loro dipendenti nella piccola Squadra di Riserva.

Soltanto così potremo sperare che quella vittoria che arrise ad essa in un periodo di manovre, risplenda più fulgida su tutta l’Armata Italiana.

 

BLACK-DICK

 


 

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