L'ORIGINE DELLA SCUOLA NAVALE DI GUERRA
Nella primavera del 1903, dopo la grande rivista navale che pose termine
alle feste franco-italiane nel golfo di Napoli, le navi francesi, al comando
del vice-ammiraglio Gourdon, lasciarono le acque partenopee dirette a
Tolone. Le navi italiane si separarono in due squadre: una composta delle
migliori unità che allora contava la nostra marina, Ammiraglio di Saint-Bon,
Emanuele Filiberto, Sicilia, Carlo Alberto, Garibaldi, Varese, Agordat,
Coatit e la piccola Partenope, tutte sotto gli ordini del vice-ammiraglio
Morin; l’altra composta dal Dandolo, Andrea Doria, Re Umberto, Sardegna,
G.Bausan, agli ordini del contrammiraglio Bettòlo.
Mossero per le acque di Gaeta le prime, per il Mar Piccolo di Taranto le
seconde: così la gloriosa divisione di riserva era costituita.
Il Mar Piccolo di Taranto, che non aveva ancora ospitato tante navi,
acquistò una nuova vita ed una nuova fisionomia: la bianca città, assisa sul
limitare dei Due Mari, ne divenne più gaia; quelle navi scossero, quasi, il
torpore in cui Taranto giaceva da secoli, dopo la grandezza passata.
E la vita ferveva in quel vecchio gruppo di navi, intensiva e continua, sia
in porto che nelle brevi navigazioni sempre ricche di esercitazioni
improntate a concetti guerreschi moderni, feconde per gli ufficiali e per
gli equipaggi di sani e nuovi ammaestramenti.
Erano frequenti le crociere, ora lungo le sponde basse del Mare Ionio, ora
per la bella costa meridionale della Sicilia e sulle rive dello stretto, ora
fino alle profonde insenature d’Albania ed all’uniforme costa italiana
dell’Adriatico, dal brullo Capo di Santa Maria di Leuca fino alle spiagge
popolate della Romagna e delle Marche. Gli abitanti dei numerosi paesi di
quella costa pittoresca erano svegliati alla notte dallo splendore insolito
dei proiettori e talvolta dal rombo cupo del cannone; al mattino, vedevano
sorgere, come per incanto, le grosse moli all’ancora e correvano in massa
per visitarle.
Dopo la bella stagione, quando quei bei mari cominciano a sconvolgersi per
la bora e per lo scirocco invernale, le navi si ritiravano nuovamente nella
loro base d’operazione, nel Mar Piccolo di Taranto.
In quella modesta riunione di navi, in cui si poteva dire che suppliva il
valore degli uomini alla deficienza del materiale, sorse, senza dubbio, la
prima idea della Scuola Navale di guerra.
Un giorno si sparse la voce pei quadrati, che l’ammiraglio Bettolo stava
preparando dei temi di conferenze per gli ufficiali. Poi la voce divenne
realtà. Le prime conferenze furono lette sulla nave ammiraglia alla presenza
di numeroso uditorio: l’ambiente era solenne e severo. E dopo la lettura del
conferenziere, veniva aperta la discussione fra tutti i presenti sul
soggetto della conferenza e sulle idee esposte in essa. In ultimo, era
l’ammiraglio che colla sua forbita e sapiente parola riassumeva e confutava
tutti gli argomenti e le opinioni esposte, e ne traeva conclusioni sempre
nuove e geniali, sempre piene di utili ammaestramenti per noi tutti.
Era bella e solenne questa funzione che si compieva sul mare, in un ambiente
sereno e militare; oltre a servire d’ammaestramento agli ufficiali, quelle
conferenze ponevano lo Stato maggiore delle navi per breve tempo a contatto
col loro Duce, cementandone vieppiù i vincoli di stima e di venerazione.
Forse, lontano dal mare e dalle navi, ma sempre ad esse col pensiero, Egli
ha rievocate quelle sane riunioni del glorioso Partito Rosso, della giovane
«band of brothers» che ne costituiva gli Stati Maggiori e ne ha tratta
ispirazione a concretare qualche cosa di più grande e di veramente utile per
tutti gli ufficiali della Marina.
E possano le future conferenze infondere in essi – insieme ad un maggior
interesse per le cose della Marina e ad un grande amore per il nobile
mestiere navale – quello spirito di solidarietà e di reciproca stima che
riuniva ed affratellava i capi ed i loro dipendenti nella piccola Squadra di
Riserva.
Soltanto così potremo sperare che quella vittoria che arrise ad essa in un
periodo di manovre, risplenda più fulgida su tutta l’Armata Italiana.
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