LA MARINA E LA STAMPA
A chi segue giornalmente l’evoluzione del pensiero navale italiano in seno
alla coscienza nazionale, non può essere sfuggito quale strano modo abbia
una parte della stampa della penisola di occuparsi delle cose attinenti alla
nostra Marina da guerra.
Oggi essa esagera fino all’esagerazione uomini e materiali e conferisce
un’eccessiva importanza a fatti od a cose che non l’hanno; domani travolge
nei vortici di passione d’una questione personale tutta la riputazione d’un
corpo d’ufficiali e, dimenticando tutto il bene detto il giorno precedente,
distribuisce a caratteri cubitali la sfiducia per tutto il paese, il
sospetto, il dubbio sulla sua principale istituzione marinara.
Questa instabilità di giudizio non è quasi mai da attribuirsi a cattiveria,
salvo in quei rari casi in cui la stampa si presta con troppa facilità a
lasciar invadere le sue colonne da scritti poco sereni e da cui traspare
troppo interesse personale, l’odio di parte, la critica indisciplinata ed
invidiosa. È forse da attribuirsi al contrario ad una competenza molto
superficiale delle cose di mare, ad una conoscenza molto imperfetta
dell’ambiente marinaresco, basata piuttosto sulle apparenze esteriori e
quindi ignara dell’organismo con le sue svariatissime parti.
Constatazione dolorosa, che dimostra una volta di più come sia ancora poco
saldo ed incerto lo spirito navale del Paese, che deve trovare il suo primo
alimento in un grande interesse per la Marina Militare. Ad esso invece, che
vive troppo estraneo al mare, giungono gli scritti di una parte dei fogli
quotidiani non per illuminarlo sulle questioni navali di maggior interesse
nazionale, ma per confondere maggiormente le sue idee e non toglierlo dal
buio in cui continua a brancolare.
A noi, che viviamo sul mare, tali scritti giungono talvolta per farci
sorridere e spesso per farci seriamente pensare…
Eppure, chi non riconosce ormai la benefica azione di una stampa competente
ed obbiettiva anche in un campo così vasto e così diverso dagli altri com’è
quello della Marina?
Il tenente di vascello A.C.Dewar della Marina
Britannica, il noto scrittore navale che sa trattare in modo attraente e con
rara maestria, ora le questioni aride del materiale, ora quelle più vitali
del personale e dell’organizzazione, enumera in un suo recente articolo
sull’United Service Magazine ( ) tutte le
benemerenze della stampa verso la Marina e ne proclama apertamente tutta
l’utilità e la parte presa nello sviluppo della Marina inglese.
« Quindici anni addietro, lo scrittore ha visto munizione da 152 mm. Buttate
fuori bordo perché il tiro potesse essere ultimato in un determinato tempo.
Se questo non avviene più oggi, è dovuto intieramente
al maggiore interesse al tiro col cannone eccitato dalla stampa, dentro e
fuori la Marina».
Ora, per destare tale interesse, è mia opinione che a ben poco serve
trascinare il pubblico a facili entusiasmi di poca durata, a creargli
illusioni non giustificate e pericolose, a presentargli sotto l’egida del
bene della Marina questioni che rivestono troppo il carattere personale e
che celano tutta una storia di odi covati lungamente e di meschinità comuni
a tutte le istituzioni.
Occorre serenità e competenza. Serenità nello scopo a cui mira l‘azione
della stampa quando imprende a trattare questioni di sì vitale importanza
come quelle militari, serenità nel linguaggio che non deve travolgere cogli
errori di pochi l'operosità, l’abnegazione, la competenza della grande
maggioranza; serenità ed obbiettività immuni da ogni spirito partigiano od
ambizioso, da ogni prevenzione di partito preso. Occorre quella competenza
che non s’acquista in breve tempo, nè sfogliando
annuari tecnici e riviste; ma vivendo a lungo nell'ambiente marinaro e
studiandolo dal lato tecnico come da quello psicologico ed umano.
È sulle navi specialmente, dove nessuno lo vede, che ogni uomo di mare
vorrebbe che lo seguisse il pensiero degli italiani e la stampa avrebbe in
questo il suo miglior ufficio, guidando alle navi ed al mare la pubblica
opinione che se ne mostra spesso tanto schiva; illuminandola sulle questioni
navali più importanti, non in modo apologetico e fluttuante, ma con serietà
e con costanza di proposito.
Sempre doloroso è il veder riportare sui giornali storie di deficienze e di
errori, in ispecie se costituiscono gravi danni al pubblico erario, ma se è
necessario il farlo, per il bene del Paese, che se ne assume il triste
compito non riversi il biasimo personale sulle intere istituzioni! Poiché in
tal maniera, il male può anche aggravarsi ed essere senza rimedio.
La naturale pruderie che il mare conferisce ai suoi figli di adozione, e
l’isolamento in cui essi vivono e lavorano, destano in loro l’ambizione di
farsi vieppiù conoscere e maggiormente apprezzare da chi vive fuor di esso.
Perché non coltivare questo giusto sentimento?
Eppure in generale si fa il contrario. Alle apologie intempestive succedono
assai spesso le campagne denigratrici alimentate da pochi sfiduciati ed
illusi, e se le prime lasciano in generale il tempo che trovano, le seconde
seminano la sfiducia nel Paese e nel personale della Marina.
Una stampa che tratti delle cose navali militari moderatamente e più spesso,
con quella competenza che sola può derivare da una lunga esperienza
personale o dall'udire la parola illuminata dei tecnici; una stampa che
fondi le proprie asserzioni sui dati di fatto più che sui suggerimenti del
primo venuto, spesso incompetente e male informato. È questa la stampa che
occorre all’Italia per cooperare colla sua Marina a coltivare e rendere
sempre più saldo lo spirito navale, per rendere il mare e le navi più
popolari fra le masse, per conservare gelosamente la tradizione marinara
dentro e fuori delle nostre istituzioni navali. In essa ognuno di noi
riconoscerà la migliore amica.
Gino Montefinale
Sottotenente di Vascello
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