PER IL VARO DELL'«AMALFI»
Il 15 settembre dello scorso anno scendeva in mare dai cantieri di Livorno
l’incrociatore corazzato Pisa; domani sdarà varata felicemente a Genova la
nave gemella Amalfi. Sugli scali di Castellamare di Stabia sono quasi
ultimati gli scafi delle altre due navi dello stesso tipo San Giorgio e San
Marco. Così quando anche queste due ultime unità dei « tipi Repubbliche »
scenderanno al bacio del mare, il tonnellaggio a galla della nostra marina
risulterà notevolmente aumentato. Facciamo voti affinché il loro
allestimento proceda rapido in modo che essi possano accrescerne anche
l’efficienza guerresca.
E’ notevole il fatto che le artiglierie di questi tipi di nave sono fornite
dalla casa inglese Vickers.
Sebbene nelle ultime guerre navali se ne sia vista poco l’utilità, si è
conservato nei tipi Amalfi l’armamento di armi subacquee costituito da 3
tubi di lancio da 450 mm. tale concetto è giustificato dal fatto che noi
continuiamo a costruire le navi con lo sperone mentre le ultime dei
giapponesi ne sono prive.
Il sistema protettivo è quasi completo, essendo la nave munita di cintura
corazzata al galleggiamento e di murate e traverse centrali corazzate. Il
massimo spessore di corazza è di 200 mm. ed il minimo di 160 mm. Anche i
ponti sono tutti rinforzati e costituiti di strati multipli di lamiere
sovrapposte; ciò allo scopo di rendere più difesi i locali interni dai tiri
inarcata.
Aggiungiamo che dall’allestimento completo della nave sarà escluso del tutto
il legno e che quasi tutti i meccanismi ausiliari di bordo saranno azionati
coll’elettricità fornita da due potenti stazioni di turbodinamo.
L’alta velocità che potrà raggiungere questa nave – più di 22 nodi – e la
grande autonomia ne faranno un ottimo incrociatore d’alto mare destinato a
coadiuvare una squadra di navi di grande tonnellaggio nella ricerca e
nell’attacco dell’avversario. Allo stato attuale delle cose però potrà
essere impiegato benissimo anche insieme alle altre navi di linea che
possediamo, da molte delle quali non differisce troppo né per tonnellaggio,
né per armamento.
Al tipo Amalfi vennero recentemente mosse delle critiche perché venne
considerato come un ritorno ai calibri moderati mentre in tutte le marine
veniva accolta favorevolmente l’adozione dei grossi calibri e dei grandi
tonnellaggi. Se la critica regge considerando questo tipo di nave in senso
assoluto, non regge ugualmente considerandolo in relazione allo stato
attuale ed ai bisogni della nostra marina.
Non si fa la guerra con le sole navi di grosso tonnellaggio e coi grossi
calibri; esse dovranno essere sempre coadiuvate strategicamente e
tatticamente da un buon numero di incrociatori. E come ad una squadra di
linea di unità tipo Doria e Sardegna conveniva un nucleo di incrociatori
tipo Bausan, e ad una squadra di tipo Margherita
e Roma conviene un nucleo d’incrociatori tipo Ferruccio, alla futura
divisione dei nostri Dreadnought non potranno adattarsi di meglio come unità
ausiliare strategiche e tattiche che le navi del tipo Amalfi. Solo in tal
modo potrà essere completamente giustificato il loro nome di incrociatori
corazzati. Ma comunque si vogliano classificare, sta il fatto che esse
costituiranno per potenza, per perfezione di allestimento e soprattutto per
omogeneità, uno dei più belli e più poderosi gruppi navali della marina
italiana.
E ben vengano le quattro navi sorelle che portano sulle poppe incisi i nomi
della nostra antica potenza marinara a rimpiazzare i vuoti lasciati dagli
altri colossi, ormai radiati per sempre, che portavano i nomi non meno cari
agli italiani di Duilio, Andrea Doria, Francesco
Morosini, Ruggiero di Lauria. Auguriamoci che anche questi nomi non
spariscano dalla nostra flotta, come per necessità sono ormai scomparse le
navi che li portavano. Ripetendoli ancora sulle più potenti navi
dell’avvenire, sembrerà ai marinai ed a tutto il popolo d’Italia di essere
sempre assistiti da quei geni tutelari del Mare Nostrum – simboli della
nostra antica prosperità marittima e commerciale.
BLACK-DICK
La Tribuna, 5 maggio 1908
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