Gino Montefinale:
Raccolta di articoli di storia, di radio, di mare

 

 

PER IL VARO DELL'«AMALFI»


 

 

Il 15 settembre dello scorso anno scendeva in mare dai cantieri di Livorno l’incrociatore corazzato Pisa; domani sdarà varata felicemente a Genova la nave gemella Amalfi. Sugli scali di Castellamare di Stabia sono quasi ultimati gli scafi delle altre due navi dello stesso tipo San Giorgio e San Marco. Così quando anche queste due ultime unità dei « tipi Repubbliche » scenderanno al bacio del mare, il tonnellaggio a galla della nostra marina risulterà notevolmente aumentato. Facciamo voti affinché il loro allestimento proceda rapido in modo che essi possano accrescerne anche l’efficienza guerresca.

       L’Amalfi è lungo n.130 fra le perpendicolari, ha un dislocamento in pieno carico di circa 10.120 tonnellate. Sebbene abbia ricevuto il nome di incrociatore, è in fondo una modesta nave di linea e lo dimostra anche il suo notevole armamento offensivo costituito da due impianti di grosso calibro sistemati in coperta a prora ed a poppa e comprendenti ognuno due cannoni da 254 mm. Accoppiati in torri girevoli; da 8 cannoni da 190 mm. e 45 calibri sistemati a coppie in quattro torricelle centrali sui due lati della nave. L’armamento antisilurante è poi costituito da una batteria di 16 pezzi da 76 mm. e 8 da 47 mm. situati sulle soprastrutture.

        E’ notevole il fatto che le artiglierie di questi tipi di nave sono fornite dalla casa inglese Vickers.

        Sebbene nelle ultime guerre navali se ne sia vista poco l’utilità, si è conservato nei tipi Amalfi l’armamento di armi subacquee costituito da 3 tubi di lancio da 450 mm. tale concetto è giustificato dal fatto che noi continuiamo a costruire le navi con lo sperone mentre le ultime dei giapponesi ne sono prive.

        Il sistema protettivo è quasi completo, essendo la nave munita di cintura corazzata al galleggiamento e di murate e traverse centrali corazzate. Il massimo spessore di corazza è di 200 mm. ed il minimo di 160 mm. Anche i ponti sono tutti rinforzati e costituiti di strati multipli di lamiere sovrapposte; ciò allo scopo di rendere più difesi i locali interni dai tiri inarcata.

        Aggiungiamo che dall’allestimento completo della nave sarà escluso del tutto il legno e che quasi tutti i meccanismi ausiliari di bordo saranno azionati coll’elettricità fornita da due potenti stazioni di turbodinamo.

        L’alta velocità che potrà raggiungere questa nave – più di 22 nodi – e la grande autonomia ne faranno un ottimo incrociatore d’alto mare destinato a coadiuvare una squadra di navi di grande tonnellaggio nella ricerca e nell’attacco dell’avversario. Allo stato attuale delle cose però potrà essere impiegato benissimo anche insieme alle altre navi di linea che possediamo, da molte delle quali non differisce troppo né per tonnellaggio, né per armamento.

        Al tipo Amalfi vennero recentemente mosse delle critiche perché venne considerato come un ritorno ai calibri moderati mentre in tutte le marine veniva accolta favorevolmente l’adozione dei grossi calibri e dei grandi tonnellaggi. Se la critica regge considerando questo tipo di nave in senso assoluto, non regge ugualmente considerandolo in relazione allo stato attuale ed ai bisogni della nostra marina.

        Non si fa la guerra con le sole navi di grosso tonnellaggio e coi grossi calibri; esse dovranno essere sempre coadiuvate strategicamente e tatticamente da un buon numero di incrociatori. E come ad una squadra di linea di unità tipo Doria e Sardegna conveniva un nucleo di incrociatori tipo Bausan, e ad una squadra di tipo Margherita e Roma conviene un nucleo d’incrociatori tipo Ferruccio, alla futura divisione dei nostri Dreadnought non potranno adattarsi di meglio come unità ausiliare strategiche e tattiche che le navi del tipo Amalfi. Solo in tal modo potrà essere completamente giustificato il loro nome di incrociatori corazzati. Ma comunque si vogliano classificare, sta il fatto che esse costituiranno per potenza, per perfezione di allestimento e soprattutto per omogeneità, uno dei più belli e più poderosi gruppi navali della marina italiana.

        E ben vengano le quattro navi sorelle che portano sulle poppe incisi i nomi della nostra antica potenza marinara a rimpiazzare i vuoti lasciati dagli altri colossi, ormai radiati per sempre, che portavano i nomi non meno cari agli italiani di Duilio, Andrea Doria, Francesco Morosini, Ruggiero di Lauria. Auguriamoci che anche questi nomi non spariscano dalla nostra flotta, come per necessità sono ormai scomparse le navi che li portavano. Ripetendoli ancora sulle più potenti navi dell’avvenire, sembrerà ai marinai ed a tutto il popolo d’Italia di essere sempre assistiti da quei geni tutelari del Mare Nostrum – simboli della nostra antica prosperità marittima e commerciale.

 

         BLACK-DICK

 

La Tribuna, 5 maggio 1908

 


 

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