Lettera da Massaua
Massaua, 22 febbraio 1912
Una
nuova aura di guerra, di vita e di attività spira sulle basse isolette
madreporiche, sulle case bianche, sulle acque tranquille e fosforescenti di
questo torrido porto eritreo, che la natura ha nascosto in fondo
all’arcipelago delle Dahlac, lasciandovelo per tanti anni sonnolento
silenzioso, pacifico, quasi in completo abbandono… ma la tromba di guerra
che in tempi meno fausti aveva echeggiato dalle basse rive di Archico alla
vallate di Dogali e di Ghinda fino ai gioghi lontani dell’altopiano
etiopico, quattro mesi or sono ha battuto nuovamente la sveglia, chiamando a
raccolta i neri battaglioni di ascari che sono accorsi con grande entusiasmo
dai villaggi ai confini e da quelli della costa. La tranquilla Massaua si è
animata di nuova vita colle schiere caratteristiche di armati scese
dall'altipiano per difenderla contro un possibile attacco dei Turchi: le sue
vie strette all'orientale si popolarono di candide divise, di fasce
multicolori, di fez dai grossi fiocchi variopinti - si udirono tutti i
dialetti dell'interno - le basse isolette si coronarono di trincee e di
cannoni da campagna. Fino a poco tempo fa, prima che le nostre navi avessero
liberato il Mar Rosso dal e cannoniere turche, alla sera i fari rimanevano
spenti ed alle nove anche nella città venivano occultate tutte le luci: solo
le vedette dall'alto scrutavano il mare - in porto le navi da guerra
vegliavano a fanali oscurati, colle macchine in pressione al largo
incrociavano i sambuchi della Marina.
Nessuno strepito di cannoni venne mai a turbare la
pace di quelle notti afose - soltanto gli ululati degli sciacalli e delle
iene nelle pianure lontane - o il rumore cadenzato e caratteristico delle
fantasie indigene, a Taulud, sotto alle belle costellazioni tropicali,
attorno ai fuochi dei bivacchi qualche volta lo strepito delle potenti
scariche musicali della stazione radiotelegrafica di Abd el-kader in
comunicazione con Mogadiscio, sulle rive dell’Oceano Indiano o con Coltano,
su quelle del Tirreno...
All'atto della dichiarazione di guerra, due sole
navi l'Aretusa ed il Volturno ardirono di uscire incontro al nemico, verso
la costa di Hodeida. Esso comprendeva un incrociatore protetto modernissimo
ed undici cannoniere! Poi venne la Staffetta, dalla costa di Somalia; quindi
la Puglia dal Mediterraneo, la Calabria dall'estremo Oriente. Fino a tutto
Novembre queste sole navi tennero testa in Mar Rosso all‘ostinato nemico
nascosto fra i meandri madreporici della costa araba: sono note la
successiva venuta e le gesta compiute dal Piemonte, Caprera, Governolo,
Liguria e dai cacciatorpediniere Artigliere, Garibaldino, Granatiere,
Bersagliere.
Dopo le difficili crociere davanti alla costa
bloccata di Hodeida, le navi entrano in porto a turno per rifornirsi e dar
riposo agli equipaggi: le acque tranquille di questo splendido porto
naturale sono continuamente sconvolte dalle eliche spumeggianti - gli
indigeni seduti sulla riva di Ras Madur o del Gherar guardano stupiti i
cacciatorpediniere che entrano a tutta forza e si ormeggiano nelle profonde
insenature. In una di esse sorge immota all'àncora la falsa nave ospedale
catturata ai turchi, il Kaisseri; ad una banchina è ormeggiato l'yacht
Fauvette; una grande bandiera italiana sventola alla sua asta di poppa. E'
armato quasi tutto coi nostri marinai indigeni, con questi ottimi dankali od
assaortini che servono con grande fedeltà sulle nostre navi stazionarie.
Alla sera, mentre il sole al tramonto declina dietro le alte montagne
dell'altipiano, esce velocemente dal porto e, lasciando dietro di sè una
scia argentina di fosforescenza, sparisce verso le isole del Canale Sud,
misteriosamente... Dove va? Poco lungi un grosso transatlantico noleggiato
lavora fino a sera tarda ad imbarcare cammelli e cammellieri per Tripoli -
un cargo-boat inglese scarica carbone con grande strepito.
La sera e la notte la città resta illuminata – il
faro si accende: – ora che le cannoniere turche riposano sulle madrepore di
Konfuda, il porto ha ripresa la sua vita normale […]
[…] essi parlano della guerra – i nacuda dei
sambuchi giunti dal largo portano le notizie dell’Yemen, nell’opposta
sponda, ovesi preparano grandi avvenimenti…
Quando pero tutto sarà finito, e le grigie navi da
guerra che ora lo popolano, lasceranno definitivamente e per altri lidi, il
porto di Massaua, esso riprenderà fatalmente la sua quiete interrotta, la
sua calma orientale, e ricadrà ne consueto abbandono.
Nulla però giustifica la nostra trascuratezza
verso l'unico sbocco commerciale dell' Eritrea, nè la sua posizione
geografica nel Mar Rosso, nè la sua conformazione fisica, né l'esame delle
statistiche di commercio e di navigazione in continuo aumento.
Porto Sudan, il bellissimo porto costruito dagli
Inglesi, ad un giorno di mare da Massaua, ha un commercio molto inferiore ed
un avvenire commerciale molto problematico eppure dispone di tutte le
sistemazioni e comodità di un porto moderno. Ma alle sue alte e spaziose
banchine raramente si vedono ormeggiati dei piroscafi, i grandi capannoni
sono quasi vuoti di merci, le bellissime grue elettriche restano immobili;
sui binari ferroviari che dalla ferrovia di Kartum si protendono fino al
mare, non passano che pochi carri ferroviari di merci che prendono la via
dell'interno.
Le banchine di Massaua sono al contrario sempre
ingombre di sacchi, di colli che provengono dall'interno e che attendono i
rari piroscafi che devono imbarcarle; mancano i capannoni, mancano le
banchine adatte a ricevere i carrelli ferroviari, mancano le grue e via di
seguito...
Queste operazioni navali nel Mar Rosso, che
difficilmente potevano essere prevedute negli anni passati, conferiscono a
Massaua un' importanza strategica di primo ordine: non sappiamo quale piega
potranno prendere gli avvenimenti che si vanno maturando sull'opposta sponda
dello Yemen, ma è facile che la situazione che verrà a crearsi dal loro
progressivo svolgimento e dai risultati finali delle operazioni,
contribuisca sempre più ad aumentare tale importanza che a noi non deve
sfuggire.
Verrà cosi ad essere dimostrato una volta di più,
che l'importanza delle Colonie deve essere considerata non solo in base alle
ricchezze del suolo, e sotto l'unico aspetto dello sfruttamento, ma anche in
relazione alla loro posizione geografica, ciò che contribuirà forse a
rendere più popolari in Italia queste terre africane, tanto ingiustamente
calunniate.
Troppo lungo sarebbe enumerare tutte le necessità
di Massaua per renderla, con poca spesa, più conforme alla sua importanza
commerciale e militare: una delle più salienti è quella di dotare questo
porto di un bacino di carenaggio galleggiante o fisso, adeguato ai tipi di
nave che l'Italia invia in Mar Rosso ed in Oceano Indiano, e che attualmente
devono ricorrere a Suez od a Dar-es-Salam a molti giorni di distanza.
Le nostre vittorie nel Mar Rosso hanno intanto
richiamata al porto di Massaua molti dei pescatori di perle, arabi e
dankali, che la prepotenza ottomana obbligava ad affluire ad Hodeida con i
prodotti preziosi dell’arcipelago delle Dahlac.
Il blocco di Hodeida ha rallentato notevolmente
l’attivo commercio che i vapori Egiziani eseguivano fra Massaua, Moka Yedda,
Porto Sudan, Suez. Se la bandiera turca sparirà completamente dal Mar Rosso,
sapremo approfittare delle generali simpatie che godiamo nelle due rive e
che maggiormente vennero rafforzate dagli attuali avvenimenti?
Vi saranno gli armatori coraggiosi per fare con
maggior larghezza di vedute quei traffici che così meschinamente esercitano
attualmente i vapori egiziani, ricavandone i profitti?
[…] e speriamo che la bandiera Italiana da
commercio osi spingersi anche più avanti – al di là del massiccio di Capo
Guardafui, ove non brilla ancora di luce italiana il faro tanto atteso dai
naviganti. Al di là di questo antico Capo degli Aromi, un’altra sponda
italiana si prolunga fino all’equatore, ed una serie di approdi commerciali
attendo le navi italiane: Alula, Hafun, Obbia, ltala, Mogadiscio, Merca,
Brava, Giumbo, sono visitate mensilmente dai piccoli vaporetti indiani della
Ditta Koswajee di Aden, che assorbono quasi tutto il commercio delle pelli e
del bestiame. I nostri piroscafi dei “Servizi Marittimi„ che si spingono
fino a Zanzibar, disimpegnano quasi esclusivamente il servizio postale… Da
qualche mese anche la bandiera tedesca è comparsa all'orizzonte. Giova pero
sperare che i brillanti risultati ottenuti dalle nostre navi nel Mar Rosso,
e specialmente la vittoria di Konfuda, col sollevamento del nostro prestigio
presso queste popolazioni, preparino anche un nuovo avvenire per la nostra
marina mercantile, in questi mari ove abbiamo acquistato dei nuovi diritti.
Il Mar Rosso è sulla via delle Indie: ed essa venne additata ai marinai
italiani dal grande Nino Bixio. Egli la percorse pieno di speranze e di
fede, senza mai farne ritorno. Il suo sogno si è spento insieme alla di Lui
eroica esistenza. Mostriamo al mondo di averne raccolto il grande progetto,
e di non aver dimenticato il sacrificio di quest'uomo che fu principalmente
un grande marinaio.
G. Montefinale
Rivista Nautica, 1912
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