"LA MARINA NON SI TOCCA"
una decisiva testimonianza sul «caso Nobile»
Gazzetta del Lunedì, 26 dicembre 1960
Sento il dovere di contribuire a chiarire le idee sulla complessa vicenda,
tornata testé alla ribalta, del salvataggio dei superstiti della Spedizione
Nobile, sbattuti da quanto restava del dirigibile Italia in balia del vento
sulle asperità della banchisa artica in avanzata disgregazione.
Partecipai al tragico avvenimento «che
commosse il mondo» non come passivo disinteressato spettatore, ma alla
direzione, in quell'epoca ormai lontana, dei servizi radio della Marina
Militare, che avevano il loro grande centro della grande stazione
radiotelegrafica di Roma-San Paolo, in onda dal 1916. Il compianto
ammiraglio professor Giuseppe Pession che la
aveva costruita, l'aveva portata a grande perfezione applicandovi, primo in
Europa, i nuovi dispositivi di trasmissione e ricezione con «onde corte»
derivati dal netto «colpo di timone» che Guglielmo Marconi aveva dato al
corso travolgente delle radiocomunicazioni con le note esperienze, con
partecipazione della Elettra, che
avevano portato alle stazioni a fascio. Tutto era stato costruito
nell’arsenale della Spezia, i nuovi dispositivi erano stati estesi alla
Flotta ed alle numerose stazioni terrestri, precorrendo ogni altra marina su
questa via.
Furono della Marina i radiotelegrafisti della spedizione, scelti in quel
corpo di specialisti che a Brindisi un ammiraglio inglese aveva definito, in
piena guerra mondiale, il più efficiente fra quelli delle marine alleate.
E veniamo alla catastrofe del dirigibile, avvenuta alle 10:33 del 25 maggio
1928 dopo che la radio di bordo era stata percepita chiaramente sulla
Città di Milano (e talvolta per
il miracolo delle onde corte direttamente presso il centro di San Paolo)
fino alle 10:27, ma senza che nulla trasparisse dalle trasmissioni che il
pericolo di appesantimento era imminente e si sa, infatti, che
l'irreparabile avvenne nel giro di due o tre minuti.
Poi il silenzio assoluto dal dirigibile e dal
pack fino al segnale S.O.S. dalla
Tenda Rossa raccolto il 3 giugno da un radioamatore russo di Arcangelo
accolto con sollievo dal mondo intero, ma con la stupefazione (mista a
qualche incredulità) di una voce proveniente dall'oltretomba…
Biagi l'unico R.T. del dirigibile era dunque in piedi; la prodigiosa
«cassetta» alimentata con pochi accumulatori si era dunque fatta sentire a
centinaia di chilometri; ma non sulla nave-appoggio.
Ecco prender forma il sospetto, l'accusa ingenerosa di negligenza, di lacune
nell'organizzazione del servizio R.T. della Marina, riconosciuto
ineccepibile fino al momento del sinistro! Che fosse tale ne danno pieno
affidamento il comando della Città di
Milano, affidata ad un uomo della levatura del compianto capitano di
vascello Romagna-Manoia del quale i Genovesi
seppero apprezzare i meriti quando resse la direzione dell'Istituto
Idrografico, mentre un autentico marinaio genovese, il comandante
Baldizzone, ne era l'ufficiale in seconda.
È veramente inconcepibile pensare che il Servizio che aveva pensato a munire
Biagi di
Risulta pertanto dall'inchiesta che gli ascolti delle chiamate da parte
della Città di Milano vi furono
sempre, e dovrebbe esistere tuttora negli archivi del Ministero un
telegramma del sottosegretario Giuseppe Sirianni
(che aveva praticamente le funzioni di ministro) che ordinava alla nave lo
«ascolto continuativo» dai naufraghi, sospendendo ogni corrispondenza stampa
con l'Italia. Il collegamento col Generale Nobile poteva essere ristabilito
il 7 giugno e si mantenne regolare durante le fortunose operazioni di
salvataggio, ma ebbe un brusco arresto del pomeriggio del 7 luglio insieme
alle comunicazioni ad onde corte con Roma.
L'impossibilità di ricevere nella zona polare si estendeva dalle onde più
corte fino a quelle di 600 metri circa, che ne risultavano notevolmente
indebolite e con segnali spezzati, talché restarono interrotte anche le
comunicazioni ad onda media fra le isole Svalbard e la Scandinavia. In
Germania il lavoro delle stazioni a onde corte tra l'Europa e l'America ed
anche in altre, ma non in tutte le direzioni, risultò paralizzato in tutta
la gamma tra i 14 ed i 30 metri.
A Washington tutte le comunicazioni ad altissima frequenza con l'Europa,
compresa quella con Roma-San Paolo, risultarono interrotte. Si trattava di
eccezionale tempesta magnetica con l'accompagnamento di «aurore polari», che
nella Scandinavia settentrionale aveva perturbato le stesse comunicazioni
telefoniche.
Il fenomeno della sparizione dei segnali, che fu assoluto nei tre giorni dal
7 al 10 luglio, ebbe poi a cessare gradualmente, dimostrando che l'immenso
banco di spazio ionizzato che costituiva la barriera opposta alla
propagazione delle onde corte veniva progressivamente a disfarsi.
Mi è parso utile intrattenermi sul fenomeno (ormai familiare ai
radiotecnici) per far apparire il genere delle difficoltà contro cui veniva
a contrastare il mantenimento di regolari comunicazioni del Mare Artico.
Nulla esclude che un fading magnetico abbia contribuito a rendere nulli i
segnali di Biagi sulla Città di
Milano.
Che essi siano stati percepiti (otto giorni dopo) dal dilettante russo non
significa nulla, nulla conoscendosi del meccanismo, certamente erratico
delle onde hertziane attraverso l'atmosfera invasa da nubi del cosiddetto
«plasma».
Va infine considerato che il piccolo apparecchio sul «pack» era di tipo del
tutto primordiale, non possedendo i precisissimi stabilizzatori dell'onda
emessa (a quarzi piezoelettrici) delle stazioni portatili d’oggigiorno e che
l'impianto lavorava in condizioni del tutto eccezionali. Quando si
affrontano imprese di così vasta portata come la spedizione nobile del 1928,
bisogna mettere in bilancio le ineluttabili
sfunzionalità proprie dei mezzi che si impiegano; ma è ingeneroso,
specie a distanza di anni, addurre le imperfezioni a carico del
collaboratore e compagno d'avventura che ha elargito i mezzi con tanta
larghezza, tanto più quando si deve ad essi il salvataggio del nucleo
principale della spedizione.
Gino Montefinale
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