Gino Montefinale:
Raccolta di articoli di storia, di radio, di mare

 

 

PLANCIA AMMIRAGLIO, VOL.II


La marina e i suoi capi nel periodo 1905-1922

 

La Marina Italiana, ottobre 1960


Quando Garibaldi, con suo decreto del 17 novembre 1860, riuniva la Marina napoletana a quella sarda, ne era risultata una poderosa flotta d'alto mare, alla quale ammiragli e comandanti, cui più tardi si erano uniti altri della disciolta Marina veneta, avevano portato tutte le virtù - insieme a qualche non grave difetto - delle istituzioni da cui provenivano. Non tutti erano giudicati aquile; ma avevano in comune la perizia marinaresca e l'abilità manovriera, l'ardimento, intrepidezza senza limiti, lo spirito del dovere, l’integrità e la fierazza, spinti talvolta all'esagerazione: i tre Acton, i due Albini, Alfredo Cappellini, Faa di Bruno, Provana, Millelire, Arminjon, de Amezaga, Riboty,  del Santo, Sain Bon ed altri dei quali mi sfugge il nome. Nel ‘60 e ’61, sotto Ancona e Gaeta buona parte di essi, combattendo a tiro corto, aveva dato prova di alto spirito militare e di grande sprezzo del pericolo; ma a Lissa i fati mentirono a quella generazione di ammiragli e di comandanti!

Più fortunata quella successiva, che poté operare la trasformazione della Marina risorgimentale, in dipendenza del progresso delle costruzioni navali, delle artiglierie, delle armi subacquee e delle armi in genere. Anche i nomi di questi Capi: Lovèra de Maria, Canevaro, Racchia, Cottrau, Accìnni, Grenet, Gualtiero, Grandville, Magnaghi, Candiani, Marchese, Aubry, Chierchia, Ronca, Bertolini, ecc., sono intimamente legati a quelli di istituzioni, scuole, stabilimenti, strumenti, metodi ed armi sviluppati sotto le loro direttive e per merito della loro dottrina, nonché di avvenimenti ai quali presero parte, tenendo alto il prestigio della marina.

La storia di questa è soprattutto storia di Capi: gli avvenimenti, fasti e nefasti, sono travolti dall'incedere inesorabile del tempo e dal mutare di giudizi e di condizioni; ma la memoria degli uomini che formarono e guidarono la Marina in pace ed in guerra, nella buona e nell’avversa fortuna, resta, e fa sempre opera degna lo scrittore che contribuisce a tenere vivo il ricordo del Paese e dell'Istituzione.

Sotto tale luce, ebbimo  già occasione di giudicare il primo volume dell'opera Plancia Ammiraglio di Vittorio Tur e salutiamo ora con eguale fervore l'apparizione del II (un volume rilegato di 583 pagine, denso di illustrazioni e ritratti fotografici di ufficiali, Edizioni Moderne Canesi, Via G. Belli, 60 – Roma) nel quale, attraverso i ricordi personali dell'A., risalta la grande attività della Marina Militare italiana (ed in parte della consorella mercantile) nel periodo che va dal 1905 al 1922. Periodo indimenticabile per noi sopravvissuti della «Vecchia Marina» in quanto fu periodo di ascesa e di trasformazione, volto a preparare un avvenire che non fu, purtroppo, nel mutato clima delle condizioni politiche, quale ognuno di noi sognava.

Dall'accurato elenco alfabetico che ne è fatto in fondo al volume, risultano ben 1640 i nomi delle persone, in gran parte ufficiali di Marina di tutti gradi e di tutti i Corpi, nominate nell'attuale pubblicazione e ciò può dare già un'idea dell'indole e della vastità della materia trattata dal Tur, riconfermando quanta parte abbiano gli uomini nella storia di una Marina. Di più, chi ha appartenuto alla Marina di quell'epoca, non mancherà di trovarne impressioni nostalgiche, rievocando ricordi di superiori, di pari grado od inferiori; non sempre comodi ma equamente valutati, i primi, amati e spesso rimpianti come persone di famiglia i secondi. Una grande famiglia veramente la Marina del mio tempo, e non dubito che lo sia anche l'attuale, nella quale tutti ci si conosceva e ci si apprezzava pur nella varietà dei caratteri e delle tendenze. Una grande scuola per la Nazione soprattutto! Chi di noi ha passato buona parte della sua carriera nelle scuole e nell'ambiente di specialità e si è poi trovato, per le successive vicende della vita, in quello della libera industria, non può non aver constatato quanta parte di tecnici informatici della Marina Militare ne costituiscono i quadri di lavoro ed assai spesso di dirigenza.

Ma dove il II volume di Plancia Ammiraglio riesce più efficace è nel presentare al lettore, pur nella discontinuità dei ricordi personali dell'autore, che sono quelli relativi ad un ventennio circa di passaggi dall'una all'altra destinazione, la successione dei Capi della Marina con i quali ebbe direttamente o di riflesso relazione di servizio. Cito così a caso Reynaudi, Bettòlo, Morin, Carlo Mirabello, cerri, Rocca Rey, Amero d’Aste Stella, Leonardi Cattolica, Rubin de Cervin, Ettore Bravetta, Palumbo, Thaon di Revel, Cagni, Millo, Sirianni, Cutinelli Rendina, De Orestis, Borea Ricci, Faravelli, Simonetti, Viale, Resio, Solari Emilio, Marzòlo, Foschini, Paladini, Marchini, Rota Ettore ed altri che ebbero funzioni primarie e responsabilità di vario genere nell'organizzazione e preparazione della Marina e nelle azioni di guerra svolte nel periodo citato. Ricorre frequentissima nel volume (in ben 32 occasioni) la citazione del nome di Luigi di Savoia, duca degli Abruzzi, che col suo esempio ebbe a permeare l'anima della Marina in quel periodo, fino a quel fatale 4 febbraio 1917 in cui la sua grande figura soccombeva all’idra della politica. Vittorio Tur ristabilisce coraggiosamente la verità sul triste avvenimento.

Degli altri Capi, viene dato particolare rilievo, con ampiezza di documentazione, alle figure di Costantino Morin, di Giovanni Bèttolo e di Carlo Mirabello, un trinomio di saggi, avveduti e lungimiranti amministratori che portò la Marina alla soglia di due guerre con ricchezza di materiali ed uomini ben preparati, permettendole, in quella che fu detta la I Guerra Mondiale, di far sventolare onorevolmente ed in piena parità le sue insegne accanto a quelli delle più agguerrite Marine del mondo. Chi di noi vi ha preso parte sa bene di quale stima fossero circondati i nostri stati maggiori ed equipaggi e di questi ultimi alcune categorie di specialisti in particolare. Merito delle ottime scuole che la Marina aveva organizzate a terra ed a bordo nel suddetto periodo, cui si riferiscono i ricordi del Tur.

Costantino Morin, Ministro della Marina negli anni tristi in cui il suo bilancio veniva falciato sotto la bufera economica che minacciava di travolgere il credito stesso dello Stato, ebbe il merito di aver messo in programma i 4 tipi Vittorio Emanuele, Regina Elena, Roma e Napoli e fu il primo uomo di Stato italiano ad intuire l'importanza dell'invenzione di Guglielmo Marconi come mezzo di comunicazione delle flotte. Chiamò il giovane inventore in Italia, da cui s'era allontanato incompreso, e dispose quelle esperienze del luglio 1897 nel Golfo di La Spezia che furono le prime fatte a bordo di navi, dopo i passi incerti del nuovo ritrovato a Pontecchio e fra punti fissi dell'Inghilterra. Inoltre Morin mise a disposizione di Marconi l’incrociatore Carlo Alberto per lo svolgimento delle esperienze oceaniche del 1902, che segnarono una tappa risolutiva nella storia della radiotelegrafia.

Mentre in Estremo Oriente si era acceso il grande conflitto marittimo fra Russia e Giappone, gli estremisti italiani del tempo (1904) avevano iniziato un'insana campagna di denigrazione contro la Marina, volgendo particolarmente i loro strali contro la persona dell'ammiraglio e ministro Giovanni Bèttolo; ma questa ne risultò minimamente scalfita, né l’inchiesta sulla Marina seguita al clamoroso processo Bettòlo-Ferri, conclusosi con la severa condanna di quest'ultimo, riuscì a ritardare il programma di sviluppi che la posizione politica dell'Italia esigeva.

Bettòlo, entrato in Marina con studi universitari, fu uno dei primi ufficiali ad intuire la necessità di dare al «mestiere» indirizzo più spiccatamente tecnico scientifico, come i nuovi tempi esigevano: fu valente specialista in artiglieria e tiro navale e nel seguito della carriera gran tattico e stratega secondo la scuola d’allora; ma in ogni occasione mostrò con l'esempio ai giovani l’importanza di essere soprattutto e sempre marinai! Il Tur, che ne è un profondo estimatore, ci permette di riviverne l’autorevole presenza, quale nostro ammiraglio capo divisione in difficili navigazioni alla vela nelle campagne d’istruzione, o quale comandante della squadra di riserva in periodo di manovra nel Tirreno e nel precluso «Amarissimo» fino a quella Scuola Navale di Guerra, che fu una sua geniale creazione (precorrente l'attuale Istituto di Guerra Marittima). Fu deputato al Parlamento in 13 sessioni (collegio di Recco) quando, a differenza di oggi, ammiragli e generali potevano far sentire il loro competente parere nelle Camere! Lasciò il servizio nel 1910.

La designazione, del dicembre 1903, dell'ammiraglio Carlo Mirabello alla carica di Ministro della Marina, che tenne fino alla sua scomparsa nel marzo 1910, era stata un suono di sveglia per tutti a bordo ed a terra! Contrariamente al parere dei politici, ebbe a sostenere che la vera guerra si sarebbe combattuta contro gli Imperi Centrali (come infatti avvenne); in base a tale concetto, pensò soprattutto al fronte Adriatico; da Bettòlo, capo di Stato Maggiore, fece compilare o perfezionare gli studi per la difesa degli estuari di Venezia e di Brindisi e preparò il programma delle dreadnoughts. Infine per la prima volta dopo Lissa, mandò le squadre a manovrare nell'Amarissimo. Sotto Mirabello furono istituite la scuola e le gare di tiro fra navi e dato un grande impulso alla radiotelegrafia, mettendo la Marina ad uno dei primi posti nello sviluppo del portentoso mezzo di comunicazioni.

Alla morte dell'ammiraglio Mirabello, seguita, di lì a non molto, dalla giubilazione di Bettòlo, che gli era succeduto nella carica di ministro (e capo di S.M.) della Marina, l'Italia possedeva la bella flotta che fece la sua grande prova nella guerra Italo-Turca per l'occupazione della Libia: la 1a Squadra con i 4 Vittorio Emanuele, i 3 Pisa ed incrociatori leggeri; la 2a Squadra con i Benedetto Brin e Garibaldi, i 3 Sardegna e vari incrociatori; l’Ispettorato Siluranti. Ne avevano il comando uomini che, a motivo della loro provenienza, potevano ancora dirsi della «vecchia scuola» e tuttavia, pur essendo mancate le occasioni dei grandi scontri con un nemico degno di loro, seppero far fronte con successo ad esigenze un po' al di fuori della guerra navale, rendendo grandi servizi al Paese. Inoltre la Marina si era trovata, per la prima volta, ad operare in istretto contatto con l'Esercito e con la Marina Mercantile, stringendo legami ed accumulando esperienze che sarebbero stati preziosi dei compiti successivi.

Spettò invece a Capi più giovani, anche per provenienza e formazione, la condotta delle operazioni nella I guerra mondiale, alle quali il Tur dedica in complesso 12 capitoli, compreso uno che tratta della Marina durante la neutralità. Seguono altri cinque capitoli sulle occupazioni adriatiche, i «tristi giorni dalmati», i fatti di Fiume, ecc. con i quali si conclude questo II volume dell'opera.

Di questi Capi sono tracciate, nella scia dei ricordi dell’autore le figure caratteristiche: del Duca degli Abruzzi, al quale si è già accennato, di Umberto Cagni, Enrico Millo e soprattutto di Paolo Thaon de Revel, che ebbe la fortuna di chiudere il glorioso capitolo della I grande guerra sui mari dell'Italia costituita a nazione indipendente. Per i molti spunti biografici dei personaggi di cui sopra e gli episodi che vi gravitano intorno non possiamo che rimandare il lettore al volume accennato. Fra l'altro, il Tur da capitano di corvetta era stato comandante d'uno dei battaglioni in grigio-verde costituenti il Reggimento Marina che aveva preso parte (di prim'ordine) alle operazioni sul Piave, cosicché il II volume di Plancia Ammiraglio costituisce anche un’ottima documentazione del contributo dato dalla Regia Marina alla vittoria sul fronte terrestre.

Per quanto in questo breve cenno recensivo ci si sia limitati a trattare delle sole figure dei Capi, e non di tutti, vorremmo mettere in chiara evidenza che nel volume, come nel precedente, sono ricordati, con penna franca e sincera, nelle loro virtù e nei loro difetti, ma soprattutto nel loro operato in servizio, quasi tutti gli ufficiali di vascello e molti di altri Corpi e della stessa Marina Mercantile, che ebbero contatti diretti o indiretti col Tur nella sua lunga carriera. Nessuno escluso: superiori, eguali, inferiori siano esseri pervenuti agli alti ed altissimi gradi della gerarchia, o tramontati sul gran mare della dimenticanza, pur avendo lasciato qualche pietra di base della grande costruzione imperitura della Marina. Chi ne ha fatto parte dal 1905 al 1922, ve li ritrova ed ha l'impressione di riviverne la vita nel grande organismo in ascesa verso mete e con ideali che la realtà del presente fa apparire confusi nei sogni e nelle illusioni di un'epoca che non ha più nulla di comune con l'attuale.

 

Com.te G. Montefinale


 

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