SESSANTACINQUE ANNI FA IL TELEGRAFO DI MARCONI SUPERA LA BARRIERA DEI 20 KM
La Nazione Sera, 17 luglio 1962
La generazione d'oggi che nelle gite e sulle spiagge si trastulla con i
miracolosi «transistor» noncurante, assai spesso, della tranquillità del
vicino, o che fa spreco in altro modo delle utilitarie onde hertziane, non
sempre è al corrente dello sforzo tenace che occorse a Guglielmo Marconi ed
ai suoi collaboratori per portare la radio al suo prodigioso stato attuale
che ha dato, tra l'altro, all'umanità i benefici della televisione e la
possibilità di portare l'indagine scientifica nel cosmo con la trasmissione
di dati strumentali a milioni di chilometri.
Ma siamo ormai in pochi, nel nostro magnifico golfo, a ricordare quei
giorni, ormai lontani, del luglio 1897 in cui il giovanissimo inventore
riusciva a ricevere a bordo di una nave della Regia Marina, seppure con
qualche difficoltà, alla distanza massima di una ventina di chilometri, i
segnali Morse trasmessi da un impianto sperimentale del suo telegrafo senza
fili collocato nel laboratorio elettrico della Marina a San Bartolomeo. A
distanza di due anni dalle ormai famose esperienze di Pontecchio bolognese,
la trasmissione fuori dalle acque del Tino fece epoca nel mondo scientifico
ed applicativo, per due ragioni: primo perché nelle precedenti trasmissioni
fatte dal Marconi in Inghilterra non si erano aggiunte portate superiori
agli 8 chilometri, secondo perché alla Spezia si tentava per la prima volta
la ricezione dei segnali a bordo di navi, cioè in ambiente che vari tecnici
non ritenevano adatto a ricevere in modo efficiente le onde elettriche, sul
comportamento delle quali si avevano solo scarse conoscenze.
Su invito, prontamente accettato, del Ministro della Marina dell'epoca,
Marconi, compiute alcune dimostrazioni a Roma, alla presenza delle maggiori
autorità, era arrivato a La Spezia nei primi giorni di luglio, prendendo
alloggio, se non erro, all'hotel «Croce di Malta», e, valendosi della
collaborazione dell'elettricista capo della marina professor Pasqualini, uno
dei fondatori dell'elettrotecnica in Italia, aveva provveduto all'impianto
di trasmissione a San Bartolomeo. Una prima dimostrazione venne fatta
collocando il ricevitore, completo di macchina scrivente Morse, nei locali
del comando in capo (allora sulla piazzetta presso la porta principale
dell'Arsenale) e vi assistettero tutti gli ufficiali. Seguirono le prove a
bordo.
Ricordo sempre quel mattino di luglio del lontano 1897 - una tipica giornata
dell'estate soleggiata del Golfo dei Poeti - quando, girovagando in barca
delle placide insenature di Porto Venere, insieme al professor Camillo
Manfroni (l'illustre storico delle marinerie medioevali di origine
portovenerese) vedemmo spuntare dal Cavo un piccolo rimorchiatore della
marittima, il cui albero era stato allungato in modo inconsueto. Procedeva a
piccolo moto, attardandosi lungo le allora romantiche calette, non ancora
manomesse dalla modernità, fino a giungere all'imboccatura del piccolo
stretto e sostare un po' a lungo davanti alle case e dagli approdi dello
storico borgo.
Potemmo così esaminare a nostro agio la strana attrezzatura della navicella
di Marconi e, più che tutto, cercare e riconoscere l'inconfondibile figura
del giovane inventore - già riprodotta e resa popolare in vari giornali del
tempo - nel gruppetto di ufficiali di marina in divisa bianca e di tecnici
borghesi che lo assistevano, quali delegati governativi, controllando il
funzionamento degli apparati, sistemati in coperta, sotto il
tendaletto di poppa.
Non è più il caso di parlare dei risultati ottenuti in quella prima
esperienza del telegrafo Marconi su natante, che furono importanti, ed
ognuno può trovare nella letteratura tecnica che ne tratta. Fra l'altro, si
constatò per la prima volta l'effetto dannoso delle «scariche» sulla
ricezione (vi erano dense nubi di calore sulle Apuane) e quello di schermo,
causante indebolimento dei segnali, prodotto da vicine alture interposte sul
percorso delle onde. Completato il programma di prove sul rimorchiatore, si
volle sperimentare la ricezione nell'ambiente interno di una corazzata -
ritenuto allora più difficile per le molte cause di disturbo e la presenza
di macchinari elettrici e grandi masse ferrose producenti assorbimento della
debolissima energia intrinseca delle onde impiegate.
Fu scelto all'uopo un vecchio guardacoste adibito a scuola nel golfo, il
San Martino, che dava anche la
possibilità di sistemare meglio ed a maggiore altezza l'antenna ricevente.
La prova definitiva fu quella del 18 luglio al largo dell'isola del Tino,
facendo compiere alla nave rotte in varie direzioni. Fra le varie
constatazioni fatte dalla commissione vi fu quella di capitale importanza,
che L'ambiente di una grande nave si prestava ottimamente alla ricezione
delle onde elettriche e che il funzionamento degli apparati si manteneva
regolare anche nei ponti inferiori e nello stesso ridotto corazzato. Quel
giorno la telegrafia di Marconi segnò un «record» di portata 20 chilometri
circa! Ma - quel che più conta - era entrata sulle navi, al servizio di chi
va per mare...
L'isolamento dei naviganti era durato molti secoli, diventando completo ed
assoluto dopo l'apertura delle nuove vie oceaniche alla navigazione per
merito di Colombo. Fu rotto definitivamente il 18 luglio 1897 nelle acque
del Golfo della Spezia.
Gino Montefinale
Home ◊
I libri ◊
I libri
inediti ◊
Gli articoli ◊
Gli
interventi ◊
Gino
Montefinale ◊
Biografia ◊ Contattaci |