I GENOVESI DI GIBILTERRA
Bastano i cognomi a caratterizzare le origini
Gazzetta del lunedì 29 marzo 1965
Chi volesse sfogliare l’ elenco telefonico, o scrutare fra i fogli
dell'anagrafe dei 22.000 abitanti costituenti la popolazione di Gibilterra
non durerebbe fatica a trovare un certo numero di cognomi di tipica origine
genovese o delle due riviere: i Baglietto, Bertorello,
Canese, Isola, Massa, Molinari, Parodi, Pastorino,
Pittaluga, Portunato,
Rainaldi, Sciaccaluga,
Traverso ed altri.
Sono i lontani discendenti di una colonia di lavoratori stabilitavi nel 1704
da armatori genovesi per le necessità dei barchi a vela che facevano sosta
alla porta dell'oceano nei primi viaggi intrapresi verso le Americhe, il
Capo di Buona Speranza e il Nord Europa. Gibilterra apparteneva ancora alla
Spagna, ed ai genovesi era stata concessa una zona nella parte pianeggiante
ad est della Rocca, denominata «La Caleta» per
costruirvi un modesto cantiere, che peraltro si andò ingrandendo nei periodi
successivi, con scali da alaggio, officina di carpenteria, veleria e
meccanica. Accanto al cantiere si era formato col tempo un vero e proprio
villaggio genovese detto della «Caleta», che
tuttora sussiste, ed anzi - trovandosi nel territorio inglese delimitato
della zona di La Linea - ebbe l'onore di essere visitato nel 1954 dalla
regina Elisabetta e dal principe consorte Filippo di Edimburgo.
Ricordo che in occasione di soste a Gibraltar (divenuta definitivamente
inglese nel 1713, in forza del Trattato di Utrecht) con le navi scuola della
Marina, i genovesi della Caleta erano sempre i
primi a venire a bordo, ed è in una occasione - mi pare nel 1902 - dovremmo
ricorrere al loro cantiere per un ingente riparazione all'alberata della
Flavio Gioia, duramente provata
da un movimento ciclonico sotto le Azzorre.
Gli inglesi li hanno sempre rispettati come provetti ed onesti lavoratori.
Tuttavia, allo scoppiare della seconda guerra mondiale avevano dovuto
seguire le sorti di altri 16.000 abitanti della Rocca trasportati in Gran
Bretagna e nell’Irlanda del Nord, poi rimpatriati al cessare del conflitto.
Del cantiere a La Caleta non resta che Il
nostalgico ricordo; ma oriundi di Genova e delle riviere continuano a
prestare opera di bravi specialisti nell'arsenale della Marina. Altri
occupano buone posizioni del commercio e nella vita pubblica.
Ho qui sott'occhio
El
Calpense, uno dei due quotidiani
gibilterrini (l'altro è il
Gibraltarar Chronicle) e vi leggo la
relazione completa che i delegati della comunità che aspira a fare di
Gibilterra una seconda Malta, Sir Joshua
Hassan e Don Pedro Isola, hanno testé esposta
presso l'apposita commissione delle Nazioni Unite. Sia il primo che il
secondo - che fu varie volte Alcade della città
- hanno particolarmente confutato la tesi che l'attuale popolazione sia da
considerarsi di pretta origine spagnola.
No somos
espaňoles, somos
gibraltareňos y de ello
nos enorgullecemos -
ha affermato Isola - documentando in modo specifico come la
formazione del nucleo cittadino di Gibilterra sia dovuta all'immigrazione di
gente di varia provenienza e non di ceppo spagnuolo.
In sostanza, i gibilterrini, e con essi il forte
contingente di antica discendenza ligure, si considerano popolo coloniale,
con diritto all'autodeterminazione, aspirando, come Malta, ad una libera
amministrazione in seno al Commonwealth britannico. Ma ciò contrasta,
ovviamente, con le opposte richieste del generale Franco.
G. Montefinale
Home ◊
I libri ◊
I libri
inediti ◊
Gli articoli ◊
Gli
interventi ◊
Gino
Montefinale ◊
Biografia ◊ Contattaci |