VERSO LA MARINA DELL'ERA ATOMICA
La guerra marittima, fatale ed insopprimibile retaggio tramandatoci, insieme
a tutti i suoi canoni, stabili o mutevoli, dall’urto delle grandi antiche
civiltà mediterranee, ha subito radicali trasformazioni nel corso della
storia in dipendenza di molti fattori, fra i quali sembrano aver preso
preponderanza: il tipo della propulsione, i mezzi di offesa, i mezzi di
protezione e le comunicazioni. Beninteso che fra i vari fattori non nominati
hanno la loro importanza nuovi ritrovati, quali l’aeroplano ed il
sottomarino, che peraltro possono essere considerati mezzi di offesa, il
radar, , che ha anche caratteristiche difensive, e tanti altri. Si deve alla
mediocre efficienza dei mezzi di propulsione delle navi da guerra se
all’inizio del secolo XIX i metodi della guerra marittima, basati
sull’impiego della vela, non differivano granché da quelli classici
dell’antichità e del medio evo: mirare alla distruzione totale della flotta
avversaria con la grande battaglia risolutiva a distanza ravvicinata,
impiegandovi tutti i mezzi allora a disposizione, dal tiro corto di
fiancata, all’urto ed all’arrembaggio. L’avvento della propulsione a vapore
e la grande rivoluzione scientifica ed industriale del secolo XIX cambiarono
del tutto la fisionomia delle navi da guerra: all’epoca dei vascelli, col
loro codazzo di fregate, corvette, ecc., subentrava quella delle corazzate e
degli incrociatori, e l’introduzione del siluro creava le siluranti ed i
temibili sottomarini. Poi la radiotelegrafia di Marconi dava insperate
possibilità alle squadre operanti, dando impulso all’esplorazione
strategica, che prima si svolgeva alla cieca; la battaglia di Tsushima del
1904 fu la grande prova; ma lo Jutland fu l’ultima Trafalgar della storia.
Difatti il mezzo aereo, giunto a piena maturità, col dare ala guerra
marittima il carattere aeronavale ne sconvolgeva radicalmente i concetti nel
secondo conflitto mondiale: la funzione delle grandi navi di linea,
fortemente armate e corazzate, passava alle portaerei; l’azione tattica,
grazie anche al radar, si allargava ai grandi spazi strategici, rendendo
impossibile l’urto schiacciante totale a forze opposte ravvicinate.
È ormai ben noto che la propulsione per mezzo di energia nucleare è oggi sul
mare un fatto compiuto, e delle sue immense possibilità nel campo militare
ha reso brillante testimonianza la navigazione del sommergibile
Nautilus sotto i ghiacci
dell’Artico. Il fatto che la prima carica nucleare del battello sia stata
sostituita dopo due anni, permettendogli di percorrere 62.500 miglia (la
metà delle quali in completa immersione), mentre un mezzo tradizionale,
nelle stesse condizioni, avrebbe bruciato 190 milioni di litri di nafta,
toglie già, allo stato attuale del progresso, ogni significato al fattore
«autonomia» (inteso come cammino percorso con una data provvista di
combustibile). Se a ciò si aggiunge la comparsa dei missili e la loro
possibilità di lancio da navi e sottomarini, non si può non dar credito alla
nuova dottrina, in via d’affermazione presso la Marina degli USA, che
nell’Era Atomica il «potere marittimo» (quale deriva dalla concezione famosa
del Mahan) assurgerà ad importanza mai avuta
nella storia.
Ciò perché le navi a propulsione nucleare, dotate di armi dello stesso tipo,
saranno in grado di compiere molte funzioni per le quali risultavano del
tutto inadatte le navi dei tipi tradizionali. Ad esempio, la propulsione
nucleare permetterà a molti tipi di navi di rimanere n mare per periodi
lunghissimi, rendendo pressoché inutili le grandi basi strategiche di
rifornimento. Inoltre le navi nucleari potranno mantenere alte velocità di
navigazione per lungo tempo, senz’alcuna preoccupazione per i consumi. Per
la prima volta nella storia delle guerre, navi dotate di missili di grande
portata potranno attaccare obbiettivi militari ed industriali di tipo
continentale, posti a grandi distanze dalle coste; i sommergibili in
particolare, potranno rimanere in immersione per mesi ed essi stessi
lanciare missili atomici su qualsiasi area del globo. Si ritiene anche che
la Marina nucleare sarà in grado di sviluppare le cosiddette «operazioni
anfibie» con estensione e rapidità da non trovar paragone con quelle, pure
assai vistose, del conflitto 1939-1945. Potrà così essere soffocata
qualsiasi piccola guerra, o minaccia di guerra, in qualsiasi punto del globo
con lo sbarco pressoché immediato di intere armate in pieno assetto di
combattimento sul litorale più vicino.
Contrariamente, quindi, a quanto fu affrettatamente affermato da qualche
scrittore, la minaccia atomica non relegherà a funzione secondaria le Marine
militari, e lo prova il fatto che la più grande di esse ha già in programma
un insieme di trasformazioni radicali dei tipi di navi, il quale secondo la
stampa britannica, supererà di molto quello che ha segnato il passaggio
dalla vela al vapore. Se ne può già avere la sensazione dai disegni
pubblicati da un’importante rivista inglese e che riproduciamo in parte.
È ragionevole che in un mondo pieno di malintesi, d’interessi e dottrine
economiche contrastanti, si pensi con lungimiranza ai mezzi materiali atti a
mantenere l’ordine e la sicurezza, nei liberi ordinamenti civili, quando
essi vengano rotti o minacciati irreparabilmente in qualche punto. Così
nonostante il gran parlare di disarmo, continua ad aver favore il detto
comune ricavato dal noto passo di Vegezio.
Si vis pacem,
para bellum, chi desidera la pace prepari la
guerra, o meglio le forze che i tempi richiedono per ottenere rispetto.
G.M.
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