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		 Stefano Fracassi, figlio “dell’eterno giovane” Ugo, 
		alzando la testa dalla tastiera del suo computer, giorni fa, mi disse:
		 
		agli inizi del prossimo anno (eravamo in dicembre) dovrai intrattenerti 
		con i soci della “Vecchia Quercia” per illustrare il tema “ospitalità”.
		 
		Da come me lo disse, dal tono che usò per dirmelo (era la classica 
		tonalità Fracassi), capii che non era ammessa  la possibilità di 
		trovare scappatoie per evitare a voi la minaccia di ascoltarmi o 
		quantomeno di guardarmi. 
		Lì per lì rimasi perplesso. Pensai: - cosa gli vado a raccontare a quei 
		giovani del Club Vecchia Quercia sull’ospitalità? 
		Poi, subito dopo, ecco che capii cosa aveva fatto cadere su di me la 
		scelta. Capii che con Stefano Fracassi, il vostro presidente Federico 
		Salvadori avendo scelto la parola “ospitalità”, avevano usato un 
		sinonimo.  
		Si, ospitalità è sinonimo di accoglienza. E infatti, come avrete notato 
		sul biglietto di invito che avete ricevuto per quest’incontro, il tema 
		“ospitalità”, primamente stabilito, è stato sostituito con la parola 
		“accoglienza”. Sono stato io che ho suggerito di modificare ospitalità 
		con accoglienza. Perché? 
		Prima di tutto perché accoglienza è sinonimo di ospitalità, quindi 
		cambiando parola non si cambia il tema dell’incontro;  
		in secondo luogo perché accoglienza mi sembra che più marcatamente 
		voglia dire: ricevere. Accoglienza è accettare, accoglienza è ospitare, 
		accoglienza è radunare. La parola accoglienza mi sembra più appropriata, 
		più indicativa, più incisiva, più gentile, più calda. Io, con voi, oggi,  
		desidero essere incisivo. Tento di essere incisivo. 
		Dunque cari giovani amici, veniamo al sodo.  
		Federico (figlio della mia compagna di scuola Iolanda) e Stefano (figlio 
		di chi, lo sapete e l’ho già detto), chiamandomi a parlarvi, hanno 
		ricordato che io dell’accoglienza e per l’accoglienza ho speso una vita. 
		Una vita che comprende una buona fetta di infanzia e di giovinezza.
		 
		Una fetta di infanzia ed una fetta di giovinezza, trascorsi tra    
		mura    dedicate       
		all’accoglienza di “ bagnanti” (i miei nonni erano proprietari e gestori 
		della Pensione Stella) e, ancora, coloro che mi hanno voluto qui tra 
		voi, hanno ricordato la rimanente grossissima fetta di mia crescita e di 
		mia maturità, trascorsa tra le nebbie di Milano.
		 Di 
		Milano, nutrice di quella grande Fiera Internazionale che 
		dell’accoglienza, a buon titolo, è possibile definire prototipo 
		esemplare, se non unico, certamente primario per l’Italia. 
		Si, a Casciana, presso la Pensione Stella, sotto lo sguardo acuto e 
		severo di una nonna inflessibile, ho chinato reverente la mia giovane 
		schiena per salutare, come buona educazione insegna, sia le signore sia 
		i signori “Bagnanti” (… da chiamare e da… scrivere con la B maiuscola) 
		che per qualsiasi motivo il fato voleva farmi incontrare sui percorsi di 
		casa; si, a Milano, alla Fiera di Milano, sotto la guida illuminata di 
		personaggi di elevata cultura manageriale, ho trascorso giornate festive 
		e feriali, nottate di freddo e di caldo, per preparare aree, servizi, 
		impianti destinati ad accogliere gli “Espositori” (anche loro, mi 
		dissero, da… chiamare e da scrivere con la E maiuscola). Ed ancora a 
		Milano, alla Fiera di Milano, portando con umiltà la gavetta, ho 
		seguito, diretto e coordinato, il Servizio di Assistenza Tecnica 
		Espositori ossia, la manutenzione degli immobili, i servizi di pulizia 
		del quartiere e dei padiglioni, la sorveglianza dei beni esposti, il 
		funzionamento dei servizi di ristorazione, degli impianti, dei diurni, 
		l’esecuzione corretta delle opere, prestazioni, forniture che gli 
		Ospiti/Espositori richiedevano, spesso all’ultimo momento e quindi con 
		urgenza (e qualcuno con arroganza). E sempre lì, alla Fiera, ho 
		insegnato a giovani appena assunti il tipo di lavoro che li attendeva 
		(il mio Servizio lo chiamavano ironicamente CAR – Centro Addestramento 
		Reclute).  
		Era lavoro, lo capite perfettamente, tutto proteso “all’accoglienza”: - 
		per accogliere Allestitori di posteggi prima, Espositori poi, Pubblico 
		dopo - . 
		Dalla gavetta, ho iniziato a comprendere ed imparare ciò che 
		successivamente è diventata una scienza: la scienza del marketing. 
		Meglio sarebbe dire che il marketing è derivato dall’accoglienza. 
		Quindi, la scienza vera è l’accoglienza. 
		Saper accogliere è dunque marketing; saper vendere l’accoglienza è 
		marketing. Accoglienza e marketing, concatenazione di azioni, 
		concatenazione di idee, concatenazione di atteggiamenti, concatenazione 
		di pensieri. 
		Accoglienza è marketing, ma anche, soprattutto CIVILTA’. 
		Accogliere correttamente un Ospite, fargli trovare l’ambiente in cui 
		vivere anche se pochi giorni, caldo e… appunto accogliente, fargli 
		gustare, vedere, conoscere il meglio che abbiamo, oppure ciò che il 
		nostro buon fiuto fa immaginare  possa essere desiderato, questa 
		più che accoglienza è sinonimo di CIVILTA’. 
		E vorrei aggiungere, tanto siamo tra noi, che si tratta questa di 
		CIVILTA’ INTELLIGENTE. Sapete perché intelligente? Perché se 
		l’accoglienza è resa impeccabile e calda il prodotto anche se mediocre 
		appare buono. 
		I nostri “antichi” progenitori cascianesi, non avevano certo seguito 
		corsi di scuole “alberghiere” e di “marketing”. Loro, i nostri vecchi, 
		coloro che furono capaci di mantenere Casciana per lunga pezza “la perla 
		termale d’Italia”, loro, si muovevano d’istinto, “accoglievano” senza 
		aver letto o studiato regole scritte, ma possedevano un bene assoluto: 
		L’UMILTA’ (per meglio capirsi non erano presuntuosi). E per capirsi 
		ancora meglio, vi dirò che loro erano consapevoli che ad ogni piè 
		sospinto gli si offriva la possibilità di imparare. 
		Perché loro, non presuntuosi, si ritenevano (spesso usando furbizia si 
		facevano ritenere, pur non essendo) degli emeriti ignoranti.
		  
		Questa UMILTA’ fece crescere personale di servizio ineccepibile ( non 
		servile come stupidamente qualcuno riteneva e ritiene). Il “personale” 
		non era servo dell’Ospite, il personale compiva egregiamente il suo 
		lavoro che consisteva e tuttora consiste nel servire. 
		“Servire” con intelligenza, con prontezza, con professionalità, ELEVA 
		(ripeto perché capiate bene: ELEVA).  
		La persona chiamata a farlo, a servire, se compie il suo lavoro con 
		dedizione, prontezza, scrupolo, precisione, intelligenza, diventa un 
		professionista (professionista come un medico, come un ingegnere, come 
		un ragioniere). 
		Le false e tragiche ideologie sconfitte dalla storia, hanno subdolamente 
		e ad arte iniettato nell’uomo, il germe dell’odio, del risentimento e 
		dell’invidia, hanno con ciò, fatto travisare il concetto di servizio.
		 
		Con forza e a chiare lettere dobbiamo oggi riaffermare che il servizio, 
		motore dell’accoglienza, non è servilismo. Il servizio, è etica, è 
		morale, è dovere, è una professione. 
		E, veniamo ad altro. 
		I nostri “antichi” progenitori, quelli stessi che non avevano seguito 
		corsi specializzati, erano fermamente convinti che dopo l’umiltà, il 
		secondo comandamento fosse: preparare e mantenere l’ambiente. 
		Un ambiente simile a quello che gli Ospiti avevano temporaneamente 
		lasciato nelle loro città di provenienza? 
		Un ambiente simile a quello che in mille, duemila, tremila altri luoghi 
		di villeggiatura, di svago e di termalismo si trovava?  
		No, un ambiente diverso, il più possibile diverso.  
		 Un 
		ambiente pervaso di silenziosi fruscii, cullato dal canto di uccelli, 
		denso di aria ossigenata, condito di pasti raffinati ma 
		caserecci/toscani, munito di riposanti, ombreggiati itinerari per 
		passeggiare, cullato da silenzi notturni, protetto dalle scorribande 
		scomposte e pericolose di improvvisati giocatori di pallone, 
		salvaguardato da conduttori spericolati di automezzi o biciclette, 
		dotato di locali di svago e di relax predisposti all’ascolto di buona 
		musica soft che, adescatrice di danze, non escludesse la possibilità di 
		parlare sommessamente ed essere ascoltati (magari dalla conquistata 
		fanciulla o… tardona) senza essere costretti ad urlare.  
		I nostri “antichi” progenitori, quelli umili che sapevano conservare 
		l’ambiente, avevano scolpito a caratteri cubitali la massima: 
		da maggio a ottobre (allora la stagione durava sei mesi) Casciana non è 
		nostra è dei Bagnanti. 
		Loro, i nostri progenitori, durante quei sei mesi, scomparivano;  
		noi, i giovani ed i ragazzi di allora, scomparivamo con loro (magari lo 
		facevamo controvoglia, piangendo se colpiti dalle bacchettate dei 
		genitori, dei nonni e di Cesare Burgalassi – la guardia comunale di 
		Casciana).  
		Casciana, da maggio a ottobre, era dei Bagnanti. 
		Immagino cosa state pensando: 
		che barba, anche questo qui ci viene a raccontare che ai suoi tempi… 
		No, cari miei giovani amici e compaesani, io vi sono venuto a raccontare 
		ciò che la scienza del marketing tuttora insegna. Ho cercato e cerco in 
		breve di raccontarvi ciò che “compiuto a suo tempo dagli antichi 
		cascianesi”, io milanese di adozione ho sentito ripetere con termini e 
		finalità simili, durante corsi di studio che l’azienda Fiera Milano, non 
		nel 1000 avanti Cristo, ma negli anni 80 e 90 del passato novecento, 
		indiceva spesso e volentieri per i suoi quadri dirigenti. 
		Sapete miei cari amici cosa vi sono venuto a dire?  
		Sono venuto a dirvi una cosa molto importante. State attenti, 
		ascoltatela bene. Quello che sto per dirvi potrebbe essere la chiave 
		giusta per aprire la porta dell’accoglienza. 
		Sono venuto a dirvi (in realtà ve l’ho già detto) come e cosa occorre 
		fare e come è necessario comportarsi per trasformarsi da cittadini di 
		serie B in cittadini di serie A. 
		L’ho fatto sintetizzando alcuni dei concetti fondamentali che 
		costituiscono la scienza dell’accoglienza.  
		I discorsi lunghi vengono a noia e ad un certo punto, l’ascoltatore si 
		distrae, comincia a pensare ad altro, non ascolta più. 
		Anche questo rientra nei concetti basilari dell’accoglienza: 
		poche chiacchiere e molti fatti; 
		(questo concetto non è assolutamente di moda. E’ di moda il bla-bla-bla). 
		E i cittadini del futuro, del futuro di serie A, faranno poche 
		chiacchiere e molti fatti. E non solo Casciana ha bisogno urgente di 
		cittadini di serie A. Ne ha bisogno la nostra Patria. 
		Debbo aggiungere un argomento. Non vi spaventate cercherò di essere il 
		più breve possibile. 
		L’argomento mi è sfuggito prima, ma è anch’esso parte essenziale della 
		scienza dell’accoglienza. Non posso quindi tralasciarlo, sarebbe grave e 
		imperdonabile. 
		Debbo sottolineare che fa parte integrante se non principe 
		dell’accoglienza, IL RISPETTO. 
		Una buona accoglienza implica infatti la condizione che colui che 
		ospita, rispetti colui che viene ospitato. 
		E’ lapalissiano? E’ lapalissiano.  
		Ma purtroppo è possibile rilevare che frequentemente il cosiddetto 
		rispetto per l’Ospite e in genere per la persona anziana (i nostri 
		ospiti sono prevalentemente anziani), non è dote precipua dei 
		contemporanei. 
		Il RISPETTO comporta: 
		- lasciare il passo (la precedenza) alle persone anziane ed alle 
		signore; 
		- non dare sfacciatamente del “TU” alle persone adulte e comunque a 
		coloro che a malapena si conoscono; 
		- lasciare il posto (la sedia, la poltrona, la panchina) agli Ospiti e 
		alle persone anziane; 
		- non compiere scorribande, emettere urla, far baccano in vicinanza di 
		persone che riposano o parlano; 
		- parlare sottovoce in prossimità degli Alberghi e comunque delle zone 
		ove le persone riposano; 
		- raccogliere da terra l’oggetto che inavvertitamente è caduto ad una 
		signora o ad una persona anziana; 
		- aggiungere sempre l’aggettivo Signora o Signore al nome o cognome di 
		persone anziane o poco conosciute; 
		- non interrompere un discorso intrapreso da altri; 
		- ascoltare le argomentazioni altrui, anche se queste sono contrarie 
		alle proprie; 
		- non gettare per terra i rifiuti, ma usare i cestini ed i raccoglitori 
		appositi.  
		Chiacchierando (o meglio scrivendo) a ruota libera, mi sono accorto di 
		essermi dilungato esprimendo concetti specifici. Non vorrei quindi che 
		la mia chiacchierata fosse intesa e rimanesse nei vostri ricordi,   
		come diretta ad un unico genere di persone:  
		al genere di persone interessate al lavoro alberghiero o turistico. 
		Ebbene occorre chiarire e puntualizzare che mi sono rivolto a voi senza 
		dubbio considerando che siete con me cittadini di una stazione termale 
		protesa verso l’auspicata crescita, ma, credetemi, vi ho fino ad ora 
		parlato così come avrei fatto con persone abitanti di un luogo diverso; 
		un luogo né termale, né turistico. 
		Dico questo perché il concetto “accoglienza”, nel mondo del lavoro che 
		frequentate o che vi accingete a frequentare (e qui noterete che mi 
		rivolgo ai giovani), occuperà sempre e certamente sempre con maggior 
		importanza il posto preminente che le compete. 
		In breve, per farmi ben comprendere, non è che qui parliamo di un 
		argomento che interessa solamente Casciana. Qui stiamo parlando di un 
		argomento che interessa l’Europa e il mondo. 
		L’accoglienza è “comportamento”. Durante il mio parlare ho definito 
		l’accoglienza “civile” e “intelligente” e “umile”. Ebbene esprimere, 
		mostrare civiltà e far comprendere di essere intelligenti ed umili, apre 
		le porte della vita. Di una vita, e mi ripeto, di serie A. 
		Presentarsi ad un datore di lavoro qualsiasi con civile comportamento e 
		interloquire con lui con argomenti intelligenti, mostrare umiltà, è, 
		credetemi, il miglior biglietto da visita che si possa portare. 
		Non è sufficiente un buon curriculum di studio o di lavoro. Già da ieri, 
		per accedere ai “posti” che contano o che fanno intravedere possibilità 
		di carriera brillante, occorreva mostrare conoscenze specifiche che 
		nell’accoglienza e solo in questa indicano segni evidenti di 
		preparazione alla vita ed al lavoro. 
		E quanto vi dico è veritiero, reale; io, credetemi, sono la vivente 
		testimonianza. Di quanto vi dico, ne ebbi conferma clamorosa quando 
		intrapresi la mia vita di…esule in quel di Milano. La lezione quotidiana 
		di “accoglienza” impartitami a Casciana, dai miei nonni, alla Stella, mi 
		fu di prezioso ausilio per intraprendere la strada che mi ha condotto ai 
		vertici manageriali dell’Ente Fiera.  
		In seguito, ho avuto modo di esaminare e di ascoltare decine e decine di 
		pretendenti ad un posto di lavoro, ho, in commissione, esaminato, 
		analizzato, scrutato, indagato per comprendere appieno le reali 
		caratteristiche non solo professionali di chi mi stava davanti. Ebbene, 
		solo in poche persone ho trovato il seme di quei concetti di accoglienza 
		che facevano presupporre quell’individuo preparato o perlomeno 
		predisposto a far proprie quelle che da sempre sono state le doti 
		salienti per affrontare la vita del lavoro. 
		E perché queste “doti” indispensabili, questi “semi” proficui possano 
		mostrarsi e crescere, occorre che quotidianamente, sempre (nel caso di 
		Casciana non solo nel corso di una stagione o di un periodo), siano come 
		un vestito che ogni mattina si indossa, prima di uscire. 
		No, scusate, ho sbagliato.  
		Non come un vestito che si indossa ogni mattina prima di uscire, no, no; 
		quel seme, quella dote, deve divenire  un carattere che marchi a 
		fuoco il nostro comportamento di ogni ora, anche quella di sonno o di 
		riposo in famiglia. 
		Anche in famiglia, si, perché in quell’angolo riservato alla nostra, 
		vostra intimità, si rafforzano gli esistenti o si costruiscono i nuovi 
		cittadini e di Casciana e dell’Italia. 
		I più giovani di voi, vedrete, dovranno affrontare il mondo. E nel 
		mondo, colui che vuole crescere e con il quale voi dovrete competere, si 
		prepara da tempo “all’accoglienza” perché consapevole,  che 
		accogliere è dare, e dare è accogliere. 
		Casciana è stimolo, è culla ideale, può essere, deve essere maestra per 
		l’accoglienza.  
		Siete, siamo dunque fortunati.  
		Per crescere come vorremmo facesse, Casciana abbisogna di “dottori in 
		accoglienza”. Di questo ne dobbiamo essere consapevoli e convinti. 
		Dobbiamo quindi specializzarsi in accoglienza. 
		Come ogni cosa che ha valore, per raggiungere buoni traguardi sono 
		richiesti sacrificio, impegno quotidiano e self control. Occorre 
		insegnare ai ragazzi, occorre ripetere alle madri ed ai padri, occorre 
		suggerire agli insegnanti, in qualche caso occorre dirlo anche ai 
		sacerdoti.  
		Occorre, predicarlo e pretenderlo da chi si candida alla conduzione 
		della cosa pubblica. Dobbiamo scegliere a conduttori della cosa pubblica 
		persone consapevoli del significato della parola accoglienza.  
		Occorre dare l’esempio. 
		E la “Vecchia Quercia”, se non vado errato, di buoni esempi, quando ha 
		voluto, ha saputo darne. 
		In questo caso, la “Vecchia Quercia” diverrebbe maestra di 
		comportamento, alleverebbe cascianesi nuovi, farebbe riflettere i molti 
		cascianesi vecchi o retrivi che affollano la Piazza per parlare, 
		parlare, parlare. 
		E la voce correrebbe veloce tra le colline nostrane ed anche via 
		Internet (tra parentesi io credo più nel “passaparola” che nella 
		propaganda o pubblicità strautilizzata, inflazionata e ormai monotona e 
		inascoltata), dicevo che la voce correrebbe veloce, questa voce 
		semplicemente direbbe: - un gruppo di giovani, a Casciana Terme in 
		Toscana, insegna a vivere e a conquistare l’Europa. - 
		Che soddisfazione ragazzi; comincereste realmente a costruire la nuova 
		Casciana. 
		Vi chiedo: - siete o no convinti con me che occorre una nuova Casciana? 
		-  
		Se lo siete, datemi ascolto, non mandatemi al diavolo come spesso 
		qualche saputello locale ha fatto. Promuovete, intraprendete, fate da 
		voi, non aspettate che venga da fuori qualcuno che emarginandovi dai 
		posti che “contano”, vi costringa a lasciare Casciana, vi faccia andare 
		lontano, non vi faccia più essere o sentire cascianesi. Promuovete, 
		intraprendete la battaglia per l’accoglienza. E’ questa la 
		raccomandazione che voglio definire fraterna. Ascoltatela, vi 
		soddisferà.  
		Vi ringrazio di avermi ascoltato, ringrazio nuovamente il  
		presidente della Vecchia Quercia Federico Salvadori e l’amico, Direttore 
		di Nuova Casciana Stefano Fracassi  che  mi hanno prescelto a 
		svolgere un tema così specifico, essenziale, importante. Non so’ se sono 
		stato esauriente e convincente, so’, lo sento dentro di me, che sono 
		contento di avervi parlato, di avervi guardato in faccia, di aver 
		cercato di farvi comprendere l’essenza vera del mio pensiero, spesso, 
		molto spesso, deriso, distorto o frainteso. Sono contento di aver 
		parlato da cascianese a cascianesi. Sapete un po’, e ve ne sono grato, 
		siete riusciti a farmi risentire giovane. 
		Voglio dirvi anche un’altra cosa e questa è l’ultima. Voglio dirvi che 
		sono commosso. Si, sono commosso perché è la prima volta che dei 
		cascianesi mi hanno invitato a parlare per il nostro Paese. 
		Grazie. 
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