MEMORIE SENZA FILI

conferenza tenuta al Lions Club Pisa, presso l'Hotel Duomo di Pisa il 10/11/2005

A questa mia “AVVENTURA PISANA” ho sentito il bisogno di dare un titolo. Questo è il titolo:

M E M O R I E   S E N Z A   F I L I

Siete voi, egregi membri del Lions Club pisano i responsabili, anche se inconsapevoli, di questa mia avventurosa presenza.
Siete colpevoli perché con una delle vostre benemerite iniziative, anche in me, profano vostro interlocutore, avete provocato, sfruculiandolo e stuzzicandolo, quell’angolo non remoto del mio essere dove da tempo risiede ciò che amo definire il TEMPIO DELLE MEMORIE.
Mi avete provocato, pubblicando pregevoli volumi, lo avete fatto indicando come meta ambiziosa:
un recupero, voglio dire il recupero.
Si, il recupero di quelle strutture e di quelle residue ormai fatiscenti attrezzature che furono gloria, espressione di intelligenza e genio, manifestazione di orgoglio di quell’Italia nostra che con pervicace insistenza e, credo, programmata, colpevole intenzione si è nel tempo cercato di far dimenticare.
I portatori orgogliosi del gonfalone che ha guidato e guida il vostro cammino di… memorie intendo rammentarli subito.
Il dottor Roberto Spisni e il dottor Paolo Stefanini, con il loro entusiasmo, con la loro dedizione, con la loro volontà di fare per ricordare,  hanno provocato lo stimolo necessario e indispensabile per far scattare quella mia molla che ahimè, anche per la non più tenera età, sembrava rotta.
Loro:
Spisni già vostro presidente e Stefanini  presidente attuale e quindi dotato di “campana”;
con voi: illustri associati di questa preziosa istituzione pisana;
hanno e avete deciso:
facciamo rivivere la gloria di Coltano.
Ed ecco, in questo “facciamo rivivere”, le memorie in me suscitate che, romanticamente desidero oggi definire “memorie senza fili”.
E di queste stimolate memorie, provocato, sono venuto a raccontarvi:
ho avuto la fortuna di vivere in anni ormai lontani periodi, ahimè brevi (anch’io un tempo non remoto ho intensamente lavorato godendo di poche ferie) ho avuto la fortuna di vivere dicevo accanto all’uomo che ebbe la sorte di essere prescelto da Guglielmo Marconi come suo stretto e diretto collaboratore e, successivamente, come Direttore delle gloriose e finalmente italiane Officine Marconi di Genova.
Quell’uomo che al momento indico, anche per doveroso rispetto, come uomo con la U maiuscola, era Ufficiale Superiore della nostra allora Regia Marina e Ingegnere;
da lui, che il fato ha voluto fosse il nonno dei miei figli, gli entusiasmi, le passioni, il racconto  di  tempi  fantastici, irripetibili.
Ho avuto la fortuna di sentir narrare:
Guglielmo Marconi sul Rimorchiatore n.8“…ricordo sempre quel mattino di luglio del lontano 1897 – una tipica giornata dell’estate soleggiata del Golfo dei Poeti – quando, girovagando in barca nelle placide insenature di Portovenere, insieme al prof. Manfroni, vedemmo spuntare dal Cavo un piccolo rimorchiatore della Marina, il cui albero era stato allungato in modo inconsueto. Procedeva a piccolo moto, attardandosi lungo le allora romantiche calette, non ancora manomesse dalla modernità, fino a giungere all’imboccatura del piccolo Stretto e sostare un po’ a lungo davanti alle case ed agli approdi dello storico Borgo.”
 
Quel rimorchiatore che il narratore intravide, era il famoso rimorchiatore n°8, una delle prime, se non la prima, “navicella” che il giovane Marconi, attorniato da adulti e seriosi ufficiali della Marina Militare Italiana, utilizzava per dar dimostrazione pratica della sua grande invenzione.
Fu quella una visione che per l’Uomo con la U maiuscola (allora sedicenne) può essere definita vaticinio; quella visione fu per lui (queste sono mie deduzioni) l’indicazione di un percorso da seguire e di un traguardo da raggiungere.
Il “percorso” tra virgolette di quest’Uomo, ebbe dunque ideale inizio a Portovenere.
Di Portovenere non sto qui a descrivere le bellezze e le vestigia; ho saputo che nella scorsa primavera, Portovenere, un folto gruppo di voi Lions pisani la ha visitata e Portovenere con il suo mare, le sue coste, le sue scogliere, le sue isole  ha accolto il gruppo pisano con l’abituale, generoso abbraccio… marinaro fatto di brezze, di schizzi, di profumi, di risacca.
E da Portovenere  ecco che l’Uomo raggiunse il primo sognato traguardo: l’accesso ai corsi superiori dell’Accademia Navale di Livorno.
Era il 15 agosto del 1900, quando quell’Uomo, appena diciannovenne, varcò gli storici, esclusivi cancelli di quel sacrario del mare che sfiora la chiesetta di Sant’Iacopo e si aggancia alle secche dell’Ardenza.
Era epoca quella in cui nel mondo delle scienze, ma soprattutto in quello della Marina si faceva un gran parlare di quell’invenzione marconiana che ancora tuttavia faceva sorgere dubbi e discussioni e attendeva conferme.
E’ del 1900 “la cosiddetta trasmissione oltre l’orizzonte” che condusse al famoso storico brevetto 7777 registrato in Inghilterra il 25 febbraio 1901.
Il nostro Uomo portovenerese, pur se immerso nel mondo accademico della marineria, ricordò quella visione del rimorchiatore/vaticinio del 1897;
credette;
iniziò a studiare, si sprofondò negli studi, si entusiasmò.
Si entusiasmò perché, forse inconsapevolmente sapeva, sentiva che stava per essere trovato qualcosa di ciò che da sempre l’uomo  cercava: vincere gli elementi che gli condizionavano l’esistenza;
tra quegli elementi, ben lo sappiamo. avevano predominio la “distanza” ed il “tempo”.
Il nostro Uomo, a differenza di una moltitudine di consimili ahimè di nostra stessa nazionalità (l’Italia  ha sempre creduto con fatica e per ultima nel genio dei suoi figli migliori), percepì che era sopravvenuta l’era delle trasmissioni libere attraverso lo spazio con la stessa velocità della luce.
Ed eccolo, il nostro Uomo, fervente pioniere marconiano, Ufficiale Istruttore per radiotelegrafisti; Direttore del Servizio Radiotelegrafico della Somalia Italiana; progettista e Direttore lavori delle stazioni radiotelegrafiche Mahadei Wen e Iscia Bardoa; Direttore della Stazione Radiotelegrafica di Massaua; Direttore della Stazione radiotelegrafica di Pola; progettista e direttore dei lavori per l’istallazione di apparecchi ad onde corte presso la Stazione della Regia Marina a Pechino; nominato dalla Marina Militare Italiana Capo Servizio della Radio; progettista e Direttore dei lavori per la erigenda prima Stazione Radiotelegrafica vaticana.
 
Questa, l’avventura scientifica “militare” dell’Uomo che adesso credo sia giunto il momento di chiamare con il suo nome e cognome. Sino ad ora ho parlato di un ragazzo prima e di un uomo poi. Di un ragazzo e di un uomo di Portovenere; da questo momento parlerò di:
Gino Montefinale.
Ed egregi signori, comprenderete adesso il perché di questo mio dire;
dire, che è stato preambolo, cappello all’argomento principe che ha fatto scattare quella “mia già richiamata malandata molla”.
Gino Montefinale, prima di intraprendere la successiva sua “avventura marconiana” (è bene precisare che sino ad ora ho parlato della sua “avventura nel mondo della Marina per la radiotelegrafia”), arrivò a Pisa (erano i primi anni trenta), trovò signorile, calda ospitalità, sul vostro Lungarno romantico, assolato e allora silenzioso ove alzava la sua imponente struttura l’Albergo Nettuno (oggi come tale non mi sembra esista più) e assunse la direzione di quel progetto grandioso di avanguardia che trasformò la già esistente Stazione di Coltano da normale ad ultrapotente; con ciò facendola divenire il centro radiomarittimo ad onde corte di primaria importanza dotato di trasmettitori Marconi.
Coltano, il suo nome nel mondo della radio venne pronunciato per la prima volta da Marconi quando questi, venuto a Roma nel 1903 su invito del Governo italiano, scelse questa località, compresa nella tenuta reale di San Rossore, come ideale luogo per l’istallazione di un impianto radiotelegrafico.
Per quanto dalle memorie scritte e verbali  di Montefinale ho potuto recepire, la costruzione del nuovo impianto, iniziata nel 1904, subì per cause varie dei gravi ritardi. Quella che mi si disse l’odissea del centro di Coltano fu descritta con una affermazione poco lusinghiera:
“la parte più importante della storia della radio in Italia, con tutte le sue peripezie tecniche, politiche ed economiche, si è svolta praticamente a Coltano”.Coltano oggi
Che tristezza. Ricordando questo antefatto e trascrivendo questa storica affermazione (è di Luigi Solari), rilevo con grande rammarico e profondo sconforto che il male italiano di allora è quello che ci perseguita adesso e che “un vento nuovo” di recente venuto a spirare, spera di poter sconfiggere.
La prima visita di Marconi a Coltano, questo dicono le mie memorie, avvenne nel 1904; egli vi ritornò per l’inaugurazione della Stazione radiotelegrafica il 19 novembre 1911 quando fu eseguito il collaudo attraverso le trasmissioni con Massaua, Mogadiscio e Glace Bay.
In tempi recentissimi, destando in voi associati e in me in particolare ammirazione e viva riconoscenza, ecco una giovane ragazza, studentessa pisana di ingegneria, forse sognatrice, certamente donna “del fare” che con la sua tesi di laurea offre a Pisa e all’Italia “il progetto di restauro architettonico-ambientale della Stazione radiotelegrafica Guglielmo Marconi di Coltano”.
E’ Angela Pezzini la giovane ingegnere che con violenza giovanile, buon intuito e notevoli capacità tecniche, si inserisce nel mondo fascinoso delle mie “memorie senza fili”.
Ed è ancora un’altra persona: attiva, capace e romantica perché pittore e incisore e noto scrittore di Altopascio che si inserisce in queste memorie.
E’ Alberto Parducci che con un suo dotto articolo e storico e tecnico apparso  sul periodico “Storia e Battaglie” del dicembre 2003, così da inizio  alle sue memorie:
“parlare di Coltano è per me un po’ come eseguire un tuffo nei lontani e nostalgici ricordi afferente l’intero arco temporale degli anni compresi tra il 1934 e il 1943…
A Coltano è legato anche il nome e il ricordo di mio nonno – continua il Parducci - Capitano Nocchiere Francesco Barsella, di mio zio Eugenio Barsella, di un mio amico coetaneo, Rinaldo Pifferi, figlio di un collega di mio padre Mario Parducci (tutti membri del gruppo di tecnici della Marina Militare che con il loro lavoro anche intellettuale contribuirono alla costruzione, alla manutenzione ed alla conduzione della nuova potente Stazione).”
E conclude così il Parducci:
“ancora oggi pochi e gloriosi ruderi si oppongono ai venti quotidiani, solo la flora erbacea e arbustiva con le sue colorite tonalità continua ad agitarsi e piegarsi al loro alitare; qua e là è possibile osservare qualche improvviso volo di fagiani.”
Amara conclusione che certifica con tocco “macchiaiolo” lo stato di desolante, offensivo e colpevole abbandono di una delle tante vestigia storiche e gloriose di cui la nostra Patria è cosparsa.  
Ma ringraziando il Padre Eterno (molti di noi dicono “lo stellone”), l’Italia vera è esistita, è sopravvissuta, e, voi me lo dimostrate ancora oggi, vive. Visse e operò allora, in quegli anni lontani. Lo fece nonostante l’eterno persistente dilagare “dei mediocri” e il blaterare ignorante degli “ipocriti”.
Ed infatti, visse !
…ecco l’avventura marconiana di Gino Montefinale.
Quell’avventura ebbe materiale inizio a Roma sul finire del 1925 quando la Marina Militare Italiana lo nominò suo alto rappresentante presso il Ministero delle Poste e Telecomunicazioni. 
Roma capitale, con i suoi Ministeri, lo vide nominato Capo Servizio della Radio.
Roma lo invia quale delegato della Marina Militare alla prima storica conferenza radio di Washington del 1927.
Quindi ancora, nel 1932, a Madrid dove venne elaborato il primo Regolamento Internazionale sull’impiego delle radiofrequenze.
 
In questo mio intervento che è di… Memorie, a questo punto e non mi sembra una stonatura, sento si possano inserire  due aneddoti.
Sono aneddoti;  anch’essi legati alle “Memorie”; ve li voglio raccontare.
 
Il primo è  breve, ma significativo e comunque storico. E’ un aneddoto da ricordare, da raccontare ai giovani, è parte delle “MEMORIE storiche  SENZA FILI”  minori… ma non troppo:
 “a Roma, sul finire del 1927, Gino Montefinale ebbe l’accortezza di far predisporre e di consegnare personalmente al radiotelegrafista Biagi, membro della spedizione polare del dirigibile Italia, una primordiale stazione radio portatile a onde corte. Ne raccomandò l’uso; fu infatti quella stazione con abilità e intelligenza utilizzata dal Biagi a far localizzare il 7 giugno 1928 la famosa “tenda rossa” di Umberto Nobile  tra i ghiacci artici dove, ricordate, il dirigibile Italia era precipitato.”
 
Un altro aneddoto?
Questo è molto personale ma per me tanto significativo ed oggi posso affermare, anche premonitore:

con orgoglio e commozione, anche nell’occasione che  oggi mi viene offerta,  intendo ricordare mio padre che, Ufficiale di Marina, prese parte ai primi corsi di radiotelegrafia diretti da Gino Montefinale.
Il brevetto di radiotelegrafista di prima classe di mio padre, uno dei primi brevetti internazionali rilasciati, datato 20 aprile 1912 infatti, riporta in calce la firma autografa del Capitano di Corvetta Capo del Reparto Radiotelegrafico Gino Montefinale.
Questo… benedetto… Gino Montefinale, era destino che mi dovesse… perseguitare: si pensi,  poi, dopo molti anni, nel 1961, Gino Montefinale  è divenuto mio suocero.
Un altro particolare di questo aneddoto:
l’annuncio, in tempi ahimè lontani, dell’avvenuta mia nascita, fu ricevuta da mio padre stesso, al momento in navigazione nell’Atlantico. In quel gennaio del 1931, mio padre era in ascolto  dei messaggi lanciati nello spazio dal telegrafo senza fili di Guglielmo Marconi.

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E riprendiamo il discorso di… memorie senza fili:
memorie di tempi lontani, memorie di centocinque anni fa, tramandate da scritti, note, racconti letti o ascoltanti dalla viva voce di protagonisti. Protagonisti entusiasti; protagonisti che credettero, quando molti, la maggioranza, non credeva; protagonisti giovani, che percepirono l’evolversi dei tempi; protagonisti disinteressati, silenziosi; uomini di mare consapevoli che quel Guglielmo Marconi geniale, stava finalmente donando alla marineria del mondo quella possibilità di comunicare, che annullando la solitudine, veniva ad offrire la consapevolezza che dei naviganti:
i bisogni, le esultanze, le preoccupazioni, la salvezza;
con le notizie delle tempeste e delle bonacce,
e quelle di vita, di famiglia, di comunità, di guerra, di pericolo, era possibile trasmetterli e riceverli.
In mare prima, poi, negli spazi infiniti, per la genialità di Marconi e per la dedizione dei suoi fedelissimi, l’uomo non era più solo. 
E per cercare di far comprendere quale fosse lo spirito di questi giovani pionieri marconiani ecco cosa Gino Montefinale,  tra i molti suoi scritti,  ricorda:
“sono sulla Regia Nave Staffetta, nel corso della mia prima campagna d’Africa;
 …a posto di manovra, sul castello di prua, un suono ritmico, metallico e conosciuto che ha dei sibili acuti e musicali, giunge al mio orecchio:
siamo a due chilometri da terra.
Aguzzo l’orecchio, guardo – sulla bassa penisola di Abdel-Kader, illuminata dalla luna, guizzano dei lampi violacei di scintille elettriche. Riconosco, non credo ai miei sensi; la Stazione radiotelegrafica di Massaua, costruita dalla Regia Marina, sotto la direzione del Tenente di Vascello Micchiardi, è pronta.
la stazione RT di Massaua in uno schizzo di Gino MontefinaleCorro in stazione, ricevo le prime trasmissioni, sono telegrammi diretti in Italia, per la via di Coltano, al Ministero, a Guglielmo Marconi che è là a ricevere.
Evviva! In questa serata storica del 14 novembre 1910, mentre l’ancora cade pesantemente dentro il porto di Massaua, il mio cuore esulta di questo nuovo trionfo della radiotelegrafia, di questa nuova conquista della civiltà.
L’indomani ricevo con piacere i modesti lavoratori che hanno compiuto questo miracolo di attività e di rapidità. Li vedo con tanto più piacere inquantochè sono tutti miei allievi dei corsi di radiotelegrafia svolti presso la Scuola Semaforisti di Spezia.”
 
Il “fidanzamento” (lo metto tra virgolette – mi piacciono le allegorie) di Gino Montefinale con Guglielmo Marconi fu di lunga durata. Ebbe inizio nel 1897, a Portovenere… con uno sguardo, ricordate?; gettò fondamenta stabili nel 1900, terminò nel 1933. Nell’anno di grazia 1934 ecco che Montefinale, abbandonata la Marina e convola a giuste “nozze” (sempre tra virgolette) con Marconi.
Posso affermare a chiare lettere che il viaggio di nozze di questa coppia illuminata fu condotto, guidato, protetto dal superbo, celebre panfilo Elettra. l'Elettra
Nel luglio del 1934 il golfo del Tigullio con la sua capitale Santa Margherita, videro infatti la coppia compiere e seguire le esperienze di atterraggio cieco utilizzando le trasmissioni di un radiofaro ubicato sul litorale di Sestri Levante. Di quel fatto, ecco il ricordo scritto di Montefinale:
 
“Fu quello un vero e proprio simposio scientifico svoltosi in alto mare, davanti all’incantevole panorama della Riviera di Levante; un’intera giornata d’acqua salsa che dovette lasciare negli esperti che vi parteciparono, oltre all’amabile ospitalità di Marconi, l’impressione che la tecnica delle microonde aveva segnato il suo primo goal nella competizione con i vecchi sistemi ad onde più lunghe, fino allora considerati più pratici”
 
E il matrimonio non si sciolse il 20 luglio 1937 quando improvvisamente Marconi morì.
Il matrimonio, costruito su scienza affascinante, non ebbe il suo epilogo neppure a secondo conflitto mondiale concluso; esso resistette inflessibile agli urti della ridicola, vendicativa “epurazione” e trovò naturale scioglimento solamente il 21 dicembre 1974 quando al termine dell’anno marconiano (centesimo della nascita dello scienziato), l’Uomo di Portovenere, Gino Montefinale, all’età di 93 anni, in piena esuberante vitalità, improvvisamente si spense.
 
Un mondo senza fili, un mondo guidato da impulsi elettrici, da slanci giovanili, da caparbia volontà di scoprire, di conoscere, di dare.
Un mondo silenzioso di uomini che umilmente, giorno dopo giorno, studiando, pensando, provando e riprovando, viveva sul mare, sbattuto dai flutti, affascinato da quel silenzio che pur volendolo mantenere… silenzioso, intendevano sconfiggere.
E sul mare, dal mare gli stimoli, le scoperte, le certezze.
 
“Marconi, lo scienziato, fattosi uomo di mare per forza di cose, intento a strappare segreti di natura fisica allo spazio, non nella quiete di un posto di studio e di osservazione terrestre, ma sui ponti di un naviglio traballante sul mare! Tutto ciò mi spiegava molte cose sul modo, talvolta avventuroso, col quale Marconi aveva costruito la radio.”
E’ ancora questo, a finire, il pensiero di Gino Montefinale tramandato nei suoi scritti.
E’ un insegnamento questo suo pensiero. L’ho citato e lo cito spesso questo insegnamento, perché mi illudo (spero) che insistendo, questo tipo di messaggio possa raggiungere la mente e il cuore di qualcuno che oggi (o domani) è o sarà alla guida di una azienda, di una associazione, di una amministrazione, di un gruppo (e voglio aggiungere anche di una famiglia).
Questo insegnamento, a mio giudizio – tra le righe - , dice:
chi ha la fortuna e le doti per salire  su di un “ponte” di comando, abbia l’accortezza di scendere spesso sotto “coperta”, là vicino agli uomini che fanno;
cerchi di vivere da vicino e intimamente, lui uomo di “ponte”, il procedere dell’operare di coloro che “manualmente” fanno;
per capire cosa vuol dire FARE,
per comprendere  ed equamente compensare quegli uomini che FANNO,
magari per FARE manualmente accanto a coloro che FANNO.
Fare, fare, fare.
Magari provando e riprovando, anche traballando, ma  nel silenzio… silenziosamente; per sconfiggere le chiacchiere (molto in voga di questi tempi), per dare valore e credibilità e spazio a chi vuol lavorare con coscienza e intelligenza; silenziosamente e molto spesso, … senza… fili (volevo dire… senza raccomandazioni).
Illustri amici, ho finito.
 
Ancora un momento però. Ho in serbo per gli egregi Lions pisani una memoria storica che nel lontano 1974, alla Fiera di Milano, ebbi la fortuna di promuovere e di seguire nel suo varo.
Si tratta di un filmato storico rarissimo ed esclusivo.  Ve lo propongo con piacere.
L’ho conservato nel mio archivio di lavoro. Desidero oggi farlo vedere e farlo ascoltare  a voi miei concittadini toscani che sapete e volete onorare la MEMORIA.
Ascolterete la voce di Guglielmo Marconi che narra la “Storia della prima trasmissione transatlantica”.
Grazie. Adesso ho veramente finito.