PER GINO MONTEFINALE 

intervento presso il Circolo Ufficiali Marina Militare di Livorno, il 13 febbraio 2003

 
 

PRESENTAZIONE DEL LIBRO “GINO MONTEFINALE – UN RAGAZZO DI PORTOVENERE”

 

Come dare inizio a questo mio intervento? 
Una mano me l’ha data ancora Gino Montefinale. L’ho presa al volo quella mano, l’ho tenuta stretta.
 
Ho immaginato e immagino che Lui – Gino Montefinale – lo avrebbe gradito;
ho immaginato e immagino che subitamente occorra citare il nome del grande italiano “Guglielmo Marconi”;
ho desiderato che la citazione dei due nomi sia ravvicinata. Ravvicinata per rendere ulteriore omaggio a chi dedicò l’intera vita allo “studio” ed alla “scoperta” che sconvolse il mondo.   
 
Inizio dunque  con  questo autentico, significativo, storico scritto-ricordo che non è improprio chiamare LA VISIONE.
 
E’ in mare…, remeggiando nella rada di Portovenere, all’età di 16 anni, che…
ricordo sempre quel mattino di luglio del 1897 – una tipica giornata dell’estate soleggiata del Golfo dei Poeti – quando, girovagando in barca nelle placide insenature di Portovenere, insieme al professor Manfroni, vedemmo spuntare dal Cavo un piccolo rimorchiatore della Marina, il cui albero era stato allungato in modo inconsueto. Procedeva a piccolo moto, attardandosi lungo le allora romantiche calette, non ancora manomesse dalla modernità, fino a giungere all’imboccatura del piccolo stretto e sostare un po’ a lungo davanti alle case ed agli approdi dello storico Borgo.
        
Quel rimorchiatore (il famoso n°8) era una delle prime, se non la prima “navicella” che Marconi, attorniato da adulti e seriosi ufficiali della Marina Militare, utilizzava per dar dimostrazione pratica della sua grande invenzione.
Quel ricordo-visione descritto da Gino Montefinale, fu, per Lui:  vaticinio.
 Gino Montefinale infatti, divenne “un uomo di Guglielmo Marconi”.
Certamente, Gino Montefinale, è stata l’ultima fortunata persona che ha condiviso sulla fatidica Elettra, accanto allo Scienziato, le grandi conferme e le inebrianti anticipazioni che “l’invenzione della radio” giorno dopo giorno annunciavano.
Oggi che appare offuscata nella memoria patria e dei più l’immagine del Grande Italiano, ricordando e desiderando togliere dalla polvere del tempo anche  la figura di Gino Montefinale, ecco che sono andato a scrivere.
Ho scritto affascinato dagli avvenimenti, dai personaggi, dai tempi, dal percorso “ad astra” del Comandante; dallo studio sistematico, continuo degli uomini del mondo senza fili, dai loro  sacrifici, dai loro entusiasmi, dalla loro modestia. 
Questo fascino che nel tempo ha saputo suscitare in me la figura di Gino Montefinale e la sua avventura marconiana, ho cercato di descriverlo nel “saggio” che questa sera, gentili signore e gentili signori, Vi è presentato.
  
 
L’amicizia antica, giovanile, con il caro Rodolfo Bernardini, oggi  Presidente emerito  della gloriosa Istituzione pisana dei Cavalieri di Santo Stefano;
la lucidità, la lungimiranza e il fiuto degli Ammiragli Carta prima e Clara poi;
mi hanno offerto la possibilità di veder presentato questo mio “saggio” in questa prestigiosa sede livornese del Circolo Ufficiali della Marina Militare.
 
Il fascino suscitato in me dalla figura di Gino Montefinale, in questo luogo prestigioso e quindi di conseguenza, viene oggi esaltato:
 
- lo esalta il fatto di essere a Livorno sede di quell’Accademia Navale che nel lontano 1900 accolse il giovane Montefinale;
-  lo esalta il sentirmi ascoltato da Uomini che sul mare, hanno servito e servono la Patria;
-  lo esalta la consapevolezza che Marconi ed i suoi continuatori hanno operato anche per dare ai naviganti “il mezzo” di salvezza;
- lo esalta il sapermi in quella Livorno che nel 1941 mi vide giovanissimo studente affacciato ad una finestra dell’ultimo piano del palazzo che portava il numero 3 di Viale Regina Margherita (oggi Viale Italia) ad ammirare il deflusso serale, dall’Accademia verso il centro, di quei giovani accademisti in libera uscita che in gran parte, da ufficiali,  offrirono poi la loro vita alla Patria.
  
Sono invero legato al mare ed alla marineria da forti e duraturi legami;
la mia esaltazione senza dubbio è ed è stata stimolata da alcuni importanti particolari.
 
Una cara persona, di recente, a proposito del saggio presentato, mi ha scritto:
“tu devi avere nel tuo DNA gli spruzzi marini “u spruven”  respirati e assorbiti da tuo padre durante le innumerevoli mareggiate cui avrà assistito (traduco il detto “u spruven”. Per i portoveneresi “u spruven” è il mistral, vento di nord-ovest chiamano anche  provenzale)”.
 
Forse è vero, anche di spruzzi, di gocce, di brezze, di folate,  sono costruiti quei tenaci legami che mi hanno stretto nello scrivere e che mi stringono, oggi, nel parlarvi. Ma i legami certi, evidenti, tangibili, sono questi:
 
- mio Padre è stato ufficiale di marina e, cosa curiosa (per me commovente), essendo stato uno dei primi ufficiali italiani a conseguire il brevetto di prima classe di radiotelegrafista, fu discepolo dell’allora Istruttore Gino Montefinale (il brevetto che conservo porta la firma del Capitano di Corvetta Capo del Reparto Radiotelegrafico Gino Montefinale);
- la famiglia di mia Madre, nell’ultimo conflitto mondiale, ha donato alla Patria uno dei suoi figli migliori, Guido Galleschi – marinaio d’Italia, capo radiotelegrafista -;
- la famiglia di mia moglie, nel ramo Montefinale-Venturelli, ha anch’essa fatto dono alla Patria di un suo figlio giovanissimo, il sottufficiale Carlo Venturelli (medaglia di bronzo al valore); 
- un mio cognato – l’Ammiraglio Fabio Gnetti, sempre nell’ultimo conflitto mondiale – è stato decorato con medaglia d’oro per atto coraggioso e altamente rischioso di marineria;
- altro mio cognato – l’Ammiraglio Stelio Giorguli – ha combattuto l’ultimo conflitto mondiale sui gloriosi nostri mezzi subacquei;
- ho un giovane nipote – Giovanni Giorguli – che oggi, nella Marina Militare, vive intensamente e visceralmente il mare;
- sono convolato a nozze, impalmando l’ultima figlia dell’Ammiraglio Gino Montefinale.
 
Anche forte di questo… curriculum, ho affrontato con entusiasmo e gioia, ma anche con molto timore, il compito di scrivere di Gino Montefinale.
Ma l’Uomo e la materia senza ombra di dubbio erano e sono in grado di offrire spazi, i più aperti, per inseguire miraggi, anche romantici, di storia, di scienza, di poesia.
E cosa di meglio può essere offerto a chi desidera scrivere?
 
Ad entusiasmare la mia mente e la mia mano, anche la bellezza di un Borgo marinaro che amo profondamente, Portovenere.
 
A spronarmi, eccitandomi, il desiderio, mai represso, di tramandare avvenimenti, storia, personaggi che il tempo mi sembra tenda a velare di quella patina giallastra e polverosa che è “cinismo”; ripeto, “cinismo”: perché non è certamente “spiritualità”, non è certamente “sentimento”, non è certamente “riconoscenza” il lasciare che polvere venga fatta cadere e sedimentare su avvenimenti e personaggi legati alla storia della nostra Patria.
 
A spronarmi ancora, il desiderio di andare controcorrente, di onorare ed esaltare chi nella vita ha veramente meritato per studio, impegno, sacrificio, intelligenza, onestà.
 
Gino Montefinale, che ho avuto la fortuna di conoscere non solo per frequentazione, ma anche e soprattutto per apprendimento del suo pensiero filosofico di vita, mi ha fatto intravedere, come un secondo padre, i sentieri da seguire per raggiungere i corretti traguardi della vita. La sua saggezza non la sciorinava ai quattro venti (non era uno dei bla-bla-bla oggi molto in voga); la sua saggezza la faceva intuire, la faceva percepire anche nei suoi silenzi, con il suo esempio, nei suoi racconti, nei suoi studi, nella sua mitezza e nella semplicità dei suoi costumi.
 
Chi avrà la bontà di leggere il mio “saggio” vedrà Gino Montefinale accanto a Guglielmo Marconi nel corso delle vissute storiche avventure di quelle onde elettromagnetiche che sconvolsero il mondo;
lo vedrà giovinetto, in estatica ammirazione della grande America, patria della libertà e della democrazia;
lo vedrà romantico giovane ufficiale desideroso di conquistare la giovanissima Carlotta Faggioni;
lo saprà storico, giornalista, artista;
lo sentirà vibrare di entusiasmo e di scoramento.
 
Con questo mio saggio ho saldato un debito, l’ho fatto – ahimè - in non più tenera età, ma l’ho fatto; e l’ho fatto per restituire, non certo in eguale misura, un po’ di quell’affetto e di quella stima che Lui – Gino Montefinale -  ha saputo e voluto donarmi con  ferma dolcezza ed estrema signorilità.
 
E’ un “saggio” quello che vi è presentato, non è un libro, non ha la pretesa di esserlo. Ha una veste decorosa, semplice ma significativa; la professionalità del mio amico tipografo Stefano Fracassi di Casciana Terme, ha saputo imprimergli i caratteri, lo stile, la composizione che e l’Uomo e la materia richiedevano.
Ho tra l’altro ritenuto di mantenerlo “saggio” per non opprimere il lettore con le ricorrenti lungagnate che poco  possono aggiungere, se non dissertazioni retoriche, ripetitive e… pagine, pagine e pagine.
Ho desiderato essere breve, sintetico, essenziale. Non sono voluto entrare nel merito tecnico degli argomenti principe che hanno ammaliato Gino Montefinale (Marconi, le onde elettromagnetiche, la radio), non l’ho fatto anche perché non sono esperto in materia; il mio scritto è per tutti, ho desiderato che potesse essere letto e appieno compreso da tutti. Per me ha mostrato interesse l’Uomo Montefinale nella sua intera poliedrica personalità.
 
Mi sono prefisso di mostrare Gino Montefinale come esempio di saggezza, sapienza, volontà, onestà.  
 
Per illustrare l’Uomo, ho creduto occorresse ben poco. Egli, il suo divenire, il suo pensiero, parlano da soli, da qui i continui richiami ai suoi scritti ed alle sue memorie che nel mio “saggio” sono volutamente riportati.
 
Ho scritto poco nel mio “saggio” e, di conseguenza, questo  mio intervento conclusivo è di breve durata.
- Mi chiedo: questo mia brevità deluderà i potenziali nuovi lettori? 
 
Fatti – Brevità’ – Conclusioni positive;
questa la teoria dell’illustre Gino Montefinale ed anche di questo suo modesto biografo. Biografo che, tra l’altro ed a proposito, rivendica a pieno titolo, se non la nascita, la cittadinanza milanese.
  
Sono profondamente grato al Presidente di questo prestigioso Circolo Ufficiali Marina Capitano di Vascello Dell’Anna; sono grato all’illustre Amm. Clara; sono grato  alle care persone che confermandomi amicizia ed affetto, anche in questa occasione hanno voluto essermi accanto; sono grato a voi tutti, signore e signori che avete avuto la bontà di ascoltarmi. Vi ringrazio caldamente e, mi sia permesso, lasciatemi concludere con un:
 
VIVA LA BELLA NOSTRA GLORIOSA MARINA
 
 
 
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