INTERVENTO DI PRESENTAZIONE DI

ANDATA E RITORNO

al Rotary Club Belgioioso di Sant'Angelo Lodigiano, il 17 maggio 2000

 

 

      Sono stato chiamato ad un compito non semplice. Mi ha chiamato un amico, un caro amico, il figlio di colui che - oggi scomparso - mi ha avviato e seguito nel mondo del lavoro.

A questo caro amico, per primo, mi sembra appena un anno fa’, feci confidenze e inviai un manoscritto. Un manoscritto moderno si intende. Era infatti un testo computerizzato.

Scelsi lui come cavia  perché di certi miei intendimenti avevo avuto occasione di parlargli a mezza voce avendone avuto pacato subitaneo riscontro. Mi occorreva una critica pacata e riflessiva così come può essere quella dell’uomo Mombelli che voi certamente ben conoscete.

 

 L’argomento che con il mio libro ANDATA E RITORNO sono andato ad affrontare offriva ed offre molteplici possibilità di fraintendimento, ecco perché non è semplice intervenire. Oggi, per aumentarne le difficoltà (mi rivolgo a chi ha seguito anche da semplice osservatore, le recenti vicissitudini del vertice fieristico milanese), sembra proprio che l’argomento sia stato volutamente cercato e trattato  per utilizzare un possibile momento favorevole di mercato. Per fugare in partenza ogni possibile dubbio mi appare opportuno affermare che non c’è stato il fiuto del “reporter” a guidarmi “nell’impresa”. Qui il marketing non c‘entra, c’entra la storia, c‘entra il sentimento.

Ai possibili detrattori che con acredine spesso, troppo spesso, sono abituati a “fraintendere”, dico:

chi ha scritto ciò che vi presento può con tutta onestà affermare: "prima che voi foste, la Fiera era".

O meglio ancora: "prima che voi foste, loro - quelli che l’hanno fatta grande - erano.

Si erano loro, erano proprio loro quelle persone umili e importanti che con  disinteresse ed entusiasmo hanno ricostruito dalle rovine belliche la Fiera di Milano; erano loro che seppero con saggezza usufruire di quello spirito entusiastico che plasmò ed influenzò l’Italia tutta in quei lontani anni ‘50. Italia anni ‘50 quando tutto c’era da rifare. C’erano da rifare anche gli uomini.

Non so se con il mio scritto sono riuscito a sottolineare, marcare, evidenziare questo concetto fondamentale. Me lo auguro fermamente. Questo era ed è rimasto l’ambizioso obbiettivo:

"parlare di me per dire di loro (dei dimenticati Padri rifondatori), parlare del realizzato per esaltare lo spirito intraprendente dell’epoca romantica della rinascita, scrivere della città per suscitare il desiderio di rivederla come era, narrare di quella vita per sollecitare l’orgoglio che, nascosto, non può essere scomparso nei  milanesi novelli che restano, debbono restare, la speranza della nostra Italia."

 Con gioia ho quindi accolto l’invito del caro amico Ingegner Mombelli. Con gioia presento a Voi illustri membri del Rotary Club Belgioioso il mio libro ANDATA E RITORNO (dalla fiera dell’Assunta alla Fiera di Milano).

Credetemi, è gioia mista a commozione.

Veduta aerea della Fiera di Milano, anni '50

Non sono uno scrittore, sono un pensionato con la sindrome dello scrittore. Potete quindi immaginare che non sono ricorrenti incontri, presentazioni, interventi di questo genere, tesi ad illustrare e far........digerire ad un pubblico raffinato ed evoluto lavori che hanno del “fatto in casa”.

Ma il “fatto in casa”,si dice che oggi sia molto ricercato. Forse l’ho sentito dire dagli avventori di trattorie campagnole e.......confondo lucciole per lanterne.

Comunque il mio scritto appartiene alla categoria “casereccia”.

Manifesta, ha cercato di manifestare, il genuino pensare, il semplice operare, il sincero slancio giovanile, l’autentico spirito della milanesità. 

Il mio Editore CARDANO di Pavia che si personifica nell’eclettico, dinamico, disponibile signor Fausto Pellegrin, mi disse che il lavoro è un buon lavoro. E’ un libro di notevole e di sempre attuale interesse.

Io non so che dirvi; i miei prodotti non so venderli. Se vorrete potrete quindi giudicare. E se giudicherete ( giudicate, giudicate), mi raccomando sappiatemi dire se a qualche cosa di buono sono riuscito ad approdare. Il vostro giudizio, positivo o negativo che sia, sarà comunque prezioso, indispensabile. Potrebbe aprirmi l’empireo o il purgatorio (non credo vogliate mandarmi all’inferno); potrebbe suggerirmi di abbandonare strade ambiziose, per consigliarmi di riprendere con umiltà a passeggiare tra le colline della Toscana ritrovata, magari leggendo o fischiettando canzoni d’altri tempi.

 Vi dicevo che sono di fronte a voi ripieno di gioia e di commozione. Aggiungo che sono anche ripieno di orgoglio.

 Essere a Milano, nella mia città di adozione, che mi ha visto nell’avamposto fieristico a combattere per l’affermazione del mondo dell’Istituzione principe;

essere a Milano, nella  città delle nebbie, che ha visto nascere e crescere la mia famiglia;

essere a Milano, nella città più città di ogni altra città della nostra Italia, a parlare di lei, di ciò che lei ha saputo offrirmi;

essere a Milano, in mezzo a Voi che siete coloro che giorno dopo giorno ancora la costruiscono e la difendono  con il loro dinamismo, con il loro impegno, con il loro sacrificio e con il loro coraggio;

 si, è motivo di gioia e commozione.

Gioia e commozione che si mischiano a sentimenti di orgoglio.

Orgoglio perché ascoltandomi mi fate risentire dei vostri. Mi fate risentire milanese.

la Fiera Campionaria, anni '50

Vi giunsi giovane, ragazzo, in questa benedetta nostra Milano E Milano mi avviluppò, mi ammaliò, si fece amare al punto che:

“occorsero molti anni prima che si decidesse a lasciarmi andare”.

Fu lotta anche quella:

rimanere od andare? Continuare od abbandonare? Rientrare nella nativa tranquillità bucolica della Toscana o mantenere il tallone sul suolo lombardo, umido d’autunno, bruciato d’estate, verde  di primavera, gelato d’inverno?

 Non è facile lasciare Milano. Non è facile interrompere d’un sol colpo un’attività frenetica, quale è da sempre stata quella fieristica, per riprendere lontane dimenticate usanze ed abitudini e.......quiete, rilassamento, lentezza, provincialismo, silenzio.

 Tutto fu favorito da concomitanti accadimenti.

Quando mi trovai di fronte al dilemma, la mia Milano del tempo glorioso stava cambiando notevolmente.

Avevano avuto inizio gli anni ‘90. Aveva avuto inizio il diluvio.

La mia Fiera, la Fera dei milanesi, quella genuina, quella primaverile, quella grandiosa, invadente, tumultuosa, era scomparsa da qualche anno.

Uomini antichi (chiamo antichi coloro che la ricostruirono dopo il ciclone bellico), idee antiche (chiamo idee antiche quelle che stimolavano l’iniziativa privata, la professionalità, l’emulazione, la crescita, l’entusiasmo, l’onestà, l’impegno), uomini antichi ed idee antiche dicevo, stavano gradualmente scomparendo. Scomparivano per l’opera inarrestabile della natura e per quella sotterranea azione disgregatrice di coloro che erano nel frattempo, silenziosamente, sopravvenuti tra l’indifferenza generale.

la tensostruttura di Piazzale Italia, 1986Erano scomparsi da tempo: i Franci, i Cappelletti, i Mombelli senior, i Boffa, i Gallarati Scotti.

Sembrava scomparso “lo spirito” milanese.

 Era nel frattempo scomparsa anche la nebbia. La nebbia (come mi sembra faccia ancora) non entrava più in città, si fermava a Lodi, a Locate Triulzi, ad Abbiategrasso, a Rho, a Rozzano, nella bassa pavese.

Anche il gelo si era attenuato, i grandi platani di Corso Sempione raramente si rivestivano di galaverna. Solo il caldo, quello torrido del luglio lombardo, quello imperversava e credo imperversi ancora.

Di fronte a queste grandi e piccole assenze, la decisione suprema: IL RITORNO.

Ritorno in un paese della provincia toscana: Casciana Terme, illustre e celebre per la bontà del suo clima e delle sue acque (un tempo perla delle stazioni termali d’Italia). Ritorno nel paese che mi vide nascere. Ritorno alla quiete, ma non all’ozio. le colline cascianesi

Desiderio......pensionistico; pio, pensionistico desiderio di essere ascoltato. Appartengo ahimè alla generazione di coloro che affermavano (facendolo) che gli anziani debbono essere ascoltati. Non  è più vero nemmeno quello. Oggi gli anziani sono ritenuti superati, la loro esperienza non essenziale. Per intraprendere, quella esperienza, la loro esperienza è ininfluente.

 Forse questo mio libro è stato dettato dal desiderio di “DIRE”, forse la sindrome del pensionato è l’unico mezzo che rimane all’anziano per far conoscere un passato che può e dovrebbe essere scuola per chi cresce; forse “la sindrome” è voluta da Qualcuno che non vuole sia disperso l’incommensurabile patrimonio di un passato che, pur se afflitto da nefaste, dolorose ombre, è stato glorioso e splendido.   

Nello scrivere non ha pesato la ricerca, il ripensare, lo studiare.

Ho scritto di getto e con amore. Il perché è semplice: di tutto il vissuto - del mio lavoro, del mio paese natale Casciana Terme e di Milano - ho voluto e saputo conservare integre nel tempo il loro ricordo e le loro immagini color seppia.

Esse sono  rimaste giovanili nel mio cuore ormai anziano.

E lor Signori converranno con me che la gioventù si ama.

 Con lo scritto che Vi presento, tengo a sottolineare che ho fortemente desiderato ricordare coloro che mi hanno cresciuto nella milanesità e per la milanesità. Ad essi - sia con lo scritto che con la parola - ho voluto e voglio oggi far giungere ancora il mio pubblico grazie.

 Questo grazie, oggi che occasione particolare me lo consente, lo estendo anche a Loro, egregi membri di questo benemerito Sodalizio.

La Fiera di oggi, qui tra noi, è assente. E’assente anche Casciana Terme (il mio paese natale). Le loro assenze sono giustificate, non sono, non possono essere, entità “rotariane”. Da questo prestigioso consesso tuttavia, dovete consentirmelo, desidero inviare un grazie anche a loro; le considero  grandi assenti.

Per me, la Fiera è rimasta come la vidi quel mattino brumoso di gennaio quando varcai il cancello di Porta Domodossola per intraprendere un lungo fascinoso cammino.

Per me Casciana Terme è rimasta il luogo degli spensierati giochi giovanili, delle attese, delle scoperte, dei sogni; oggi è il luogo del riposo.

A Voi gentili signore e signori che avete avuto la bontà di ricevermi ed ascoltarmi, il grazie più caloroso e cordiale e, con il mio grazie, un forte invito:

ridate a Milano la grandezza che merita.

 

Milàn l’è òn gran Milàn. El disi mì.

 

 

 

 

N.B. le fotografie della Fiera sono ricavate dal sito della Fondazione Fiera Milano


 

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