Intervento di presentazione del libro

GINO MONTEFINALE (Un ragazzo di Portovenere)
 
il 31 luglio 2004 a Portovenere

Non accade spesso nell’Italia involgarita e cinica che ci ritroviamo che qualcuno mostri coraggio, manifesti onestà intellettuale, sia di memento ai giovani, combatta con disinteresse per degli ideali, per la storia, per le tradizioni, per il suo paese.il manifesto dell'evento
Ebbene, qui a Portovenere, tra questi scogli crudi e dolcissimi; qui a Portovenere, nei suoi carugi scuri e luminosi, silenti e chiassosi, erti e piani e sempre baciati da brezze intrise di profumi iodati e, spesso, dall’odore di basilico, ebbene, qui a Portovenere, quella gente “coraggio”, quella gente “onesta”, quella gente “combattiva”, io l’ho trovata:
- ho trovato Giuliana Calvellini Barsanti: indomita lottatrice per difendere e salvare Portovenere dagli “Unni” invasori e ignoranti; dotta in lingua e in dialetto antico; onesta nella valutazione dei fatti e dei misfatti; divulgatrice impagabile delle tradizioni e della storia del Borgo; amante fedelissima di coloro che di questo Borgo esaltarono e le tradizioni e la storia; insostituibile e modesta dispensatrice di informazioni anche le più futili;
- ho trovato il dottor Emilio Della Croce, presidente emerito della Pro-Loco portovenerese, pacato, riflessivo, puntuale, riconoscente, esperto…”navigatore” in acque difficili per scogli aguzzi, subdoli, affioranti;
- ho trovato un’Amministrazione Comunale guidata da Salvatore Calcagnini, di recente eletto a gran voce da un popolo intelligente che in una Lista Civica ha saputo trovare l’antidoto per combattere “il virus”;
- ho trovato voi, cari amici portoveneresi; ho trovato voi che ormai da oltre quarant’anni giudico e considero miei compaesani adottivi.
Vi ho seguito nelle vostre lotte e con voi ho partecipato; vi ho seguito nei vostri dolori e con voi ho versato lacrime nel ricordare “i nostri antichi” perduti amici; vi ho seguito nelle vostre esultanze per i successi; vi ho seguito ascoltando i vostri mugugni ed anche le vostre ineguagliabili “battute” di umorismo sano, colorito e pungente.
 
Tutto questo l’ho trovato in parte oggi e in parte ieri. 
 
Prima di oggi e di ieri infatti, oltre quarant’anni fa, ebbi  la fortuna di calcare la terra del Cavo, assaporando laggiù lo sferzante salino spruzzo del maestrale, ascoltando laggiù, tra i pini e gli ulivi, racconti fantastici di viaggi, scoperte e conquiste, comprendendo il valore degli ideali non venali, che pagano poco, ma che colmano di inesauribile gioia la vita.
Allora, prima, oltre quarant’anni fa, ho calcato la terra del Cavo accanto all’Uomo che Portovenere, nel suo carugio, ha visto nascere e ha visto “ragazzo”. Allora, dal Cavo e poi dalla Villa D’Ottone, ho iniziato a comporre le pagine di un libro che voleva essere libro di ricordi, libro di storia, libro di sentimenti, libro di riconoscenza, libro di Un ragazzo di Portovenere, libro di e per Gino Montefinale.
E adesso, in questa serata portovenerese tutta vostra e mia, ecco che quel Ragazzo, ormai Uomo e per sempre perduto, lo vedo accedere attraverso “le Porte” del Borgo antico che Voi portoveneresi veraci avete socchiuso e oliato per agevolare ancora, ad invito, il suo passaggio.
Gino Montefinale, il Comandante, dopo lunga forzata assenza, accede e rientra stasera nel Borgo antico.
Accede, con il suo inconfondibile passo marinaro, a testa alta, prima leggendo “colonia Januensis”, poi guardando se intatti sono rimasti gli strumenti antichi che consentivano di ripartire le granaglie, poi ancora, fermandosi e guardando in alto, alle sue spalle, verso il sacro affresco che sovrasta dall’interno la porta principale.
Ecco ora riprende il suo andare, sfiora il portone di ingresso della casa paterna.
Il Comandante ha passato le porte ed è entrato nel carugio, non è entrato da solo. E’ seguito da una torma di “antichi” amici . Con lui vedo:
 
Matè e Virginio, Raffaele, Carlo Portunato, Massa, Trieste, i Manfroni, i Mantero, Richetto, Pierino, Aurelio Gianardi, Tonino, Maria, Ginetto Raviolo, Roberto Raviolo, Paolo Raviolo, Marietto, Meme, Claudio Pandolfo, Achille e Lauretta Reboa, i Canese, Andreino Sola, Natale Sturlese, Cristina Còmiti, Lina, Bina, Mariuccia D’Ottone, Livio Bello con sua mamma e Rosa ed Emo; il "Carruggio" di Portovenere
e poi ancora:
Guida, Piero, Arena,  Carmine, Turano, Nerina, Giorgio, Valdettaro, i Baldascini, Bastreri, Dondero, Saturno, Virginia, Antonuccio Frumento, Mario e Beppe Raviolo, Verdemare, Don Beretta, la signora Borghi, i Càrpena, Bruno Baracco, Carlo Amato, il Dotti,  la Olivieri, i Traverso, Macèra.   
 
Non ho il tempo di riconoscere tutti, sono tanti, una miriade; appaiono anche volti antichissimi, rugosi, bruciati dal sole, scarni.
Appartengono a personaggi che il tempo non mi ha offerto la possibilità di conoscere; molti si nascondono l’uno dietro l’altro; sono rimasti intrisi della predominante caratteristica  ligure: sono schivi. 
E procedono a passo veloce.
Loro oggi volano.
Volano anche per tornare “lassù”, ai piedi del Castello, nel Cimitero più bello del mondo,  lasciato da tempo, in stato di grave degrado.
 
Anche loro, molti di coloro che adesso attraverso il carugio lo accompagnano, lo hanno ascoltato estasiati durante le serate estive.
Lo hanno ascoltato quando le invasioni turistiche non erano ancora assordanti e ridondanti;
quando la “curva” non esisteva e i pullman scorrevano verso la Piazza del Re buono;
quando la casetta di Garibaldi mostrava i segni di quell’approdo storico;
quando il Convento secentesco era sede del Municipio e ospitava un cinema all’aperto;
quando una Mancina adeguata, antica, preziosa operava sulla calata di sogno;
quando il vaporetto di capitan Màttera emetteva suoni fumanti;
quando l’albergo principe di Portovenere si chiamava Locanda.
 
Con il poeta Gibran dico:
“Il Maestro che cammina all’ombra del tempio tra i discepoli non dà la sua scienza ma il suo amore e la sua fede.”
 
Coloro che  lo seguono, un giorno lo ascoltarono narrare così:
 
“E’ remeggiando nella nostra rada all’età di 16 anni che:
- ricordo sempre quel mattino di luglio del 1897 – una tipica giornata dell’estate soleggiata del golfo dei Poeti – quando, girovagando in barca nelle nostre placide insenature, insieme al prof. Manfroni, vedemmo spuntare dal Cavo un piccolo rimorchiatore della Marina, il cui albero era stato allungato in modo inconsueto. Procedeva a piccolo moto, attardandosi lungo le allora romantiche calette, non ancora manomesse dalla modernità, fino a giungere all’imboccatura del piccolo stretto e sostare un po’ a lungo davanti alle case ed agli approdi di questo nostro storico Borgo.”
 
Marconi a bordo del Rimorchiatore n.8Quel rimorchiatore (il famoso n°8) era una delle prime, se non la prima navicella che Guglielmo Marconi ventenne, attorniato da adulti e attenti ufficiali della Marina Militare, utilizzava per dar dimostrazione pratica della sua invenzione.
 
Quel ricordo-visione narrato da Gino Montefinale ai suoi amici del Borgo, fu, per lui VATICINIO.
Gino Montefinale, un ragazzo di Portovenere,  dopo lo studio, l’Accademia Navale, il sacrificio, il duro impegno, la lunga vita di mare, divenne infatti “l’uomo di Guglielmo Marconi”.
Certamente, Gino Montefinale, è stata l’ultima fortunata persona che ha condiviso, prima come ufficiale della Marina Militare, poi come stretto  collaboratore dello Scienziato anche sulla fatidica Elettra, le grandi conferme e le inebrianti anticipazioni che “l’invenzione della radio” giorno dopo giorno annunciava.
 
Ieri come oggi che appare offuscata nella memoria patria e dei molti l’immagine del grande italiano, ricordando e desiderando togliere dalla polvere del tempo la figura di Gino Montefinale, ecco che sono andato a scrivere il libro che la Pro-Loco con la solerte, necessaria collaborazione dell’Amministrazione Comunale, ha desiderato fosse anche qui, nel luogo di nascita del protagonista, presentato a memento, ad onore, a gratitudine, ad esaltazione di un suo Figlio illustre, forse ad oggi il più illustre, che ha onorato Portovenere e la Liguria.
 
Ho scritto il libro affascinato dagli avvenimenti, dai personaggi, dai tempi, dal mondo di mare e di scogli in cui, il vostro concittadino, per intelligenza, per volontà, per impegno, ma anche e soprattutto per orgoglio ha saputo e voluto vivere, scrivendo, parlando e operando.
 
Ho scritto di Lui,  storico, giornalista, artista, scienziato.
 
Ho scritto di lui figlio, sposo, padre e nonno.
Ho scritto sognando e molti lo hanno compreso.
Tra i molti scritti e attestati ricevuti, ho, alla rinfusa scelto questi. Ve li leggo:
 
- Portovenere ti ringrazia, Viva il Comandante!
 
- Vai fiero delle tue idee e ricorda che il monumento lo hai fatto tu, toscano, a noi portoveneresi doc e non.
 
- Tu sei riuscito a suscitare in noi ricordi ed emozioni incredibili.
 
- Lei ha scritto un racconto più con le parole di un poeta che con quelle di uno scrittore.
 
- Ad accrescere la soddisfazione del leggerti, la consapevolezza che i mediocri non hanno gradito o meglio non sono all’altezza di comprendere, afferrare, gustare le cose, i fatti, che commuovono e appassionano noi.
 
- Il suo è davvero un ottimo lavoro, un testo di impegno e di minuziosa interessante ricerca, di piacevole e avvolgente lettura, scritto con passione, nobiltà d’animo e coinvolgente affetto. Gino Montefinale è di certo un punto di riferimento per tutti gli Allievi che, attraverso le esperienze e gli esempi positivi e nobili del nostro passato, trovano la conferma della loro scelta di vita. Il suo libro, opera di assoluto pregio e di doverosa consultazione, è già stato catalogato nella nostra biblioteca.
 
- Il suo libro l’ho trovato ricco di memorie e di appunti che dovrebbero far vibrare lo spirito di chi, seduto sotto i pini, non sa parlare che di pensioni e di diritti.
 
- Leggendola mi sono ritrovato con i miei ricordi, relativi all’ultimo periodo di vita dell’Ammiraglio, quando al mattino lo vedevo transitare dalle Bocche con il suo “geloso canotto” per andarsi a posizionare al largo della Grotta Arpaia per fare i suoi schizzi pittorici di cui ne conservo gelosamente uno nella mia casa.
 
- Nella lettura del piacevole libro, che presenta una veste tipografica molto elegante ed un testo essenziale e vivo, direi quasi attuale per i riferimenti ad una realtà del Golfo che in vari aspetti, negativi e positivi, conserva antichi e non mutati profili di usi, costumi, comportamenti, propensioni, ho ritrovato quei valori che la nostra Marina continua a coltivare con un senso dello Stato che vorremmo più ampiamente e più compiutamente vissuto dalla collettività nazionale.
 
- Molto dell’inchiostro usato da Gino Montefinale fu consumato in difesa della sua Portovenere, dove tornava appena poteva e dove scelse di trascorrere la sua ultima lunghissima primavera.
 
- In questa biografia il nostro Comandante ci affascina per l’intatta fedeltà alla sua gente, umili pescatori e naviganti, coi quali amava intrattenersi.
 
- Ho letto, per ora, solo alcune righe del tuo libro su Gino Montefinale, ma intuisco un’atmosfera che amo: la grande storia subita dai contemporanei ma rivisitata e resa viva nel diario dei protagonisti di quella vita.
 
- A tre giorni dal suo invio, ho già potuto leggermi tutto d’un fiato la biografia con emozione e tanta nostalgia di un così eccezionale personaggio, che ho stimato, ma ancor più amato per il suo giovanile entusiasmo e la ammirevole diligenza con cui rievocava le tappe percorse con il grande Marconi nel mondo delle onde elettriche.
 
- Devo veramente felicitarmi con lei per il modo essenziale, per nulla aùlico e commemorativo, ma al tempo stesso appassionato e partecipativo, con cui ha tracciato la vita di un grande, integerrimo ed eccezionalmente nobile personaggio.
 

 


Questa sera sento, commosso,  sincerità di sentimenti per il portovenerese Comandante Gino Montefinale.
Al turbine dei ricordi e di questi sentimenti fa da cornice la risacca antica di questo splendido vostro  mare.
 
Alla memoria del Ragazzo di Portovenere, perché i posteri sappiano che razza di uomini questo Borgo ha saputo dare:

una lapide
Egregio signor Sindaco, con la Pro-Loco faccia tesoro, la prego, di questa mia/nostra proposta:
sul prospetto della casa che oggi, nel carugio intitolato a Giovanni Cappellini, porta il numero  25, sia posta una lapide che ricordi ai passanti ed ai posteri che:
In questa casa  nacque il 9 giugno 1881 e visse la sua giovinezza
 Gino Montefinale
 storico – scrittore - artista – dotto nella scienza delle onde elettriche
Questa iniziativa, se raccolta, viene a cadere nel trentesimo anniversario della sua scomparsa (1974 - 2004).
Portovenere tutta, con la famiglia Montefinale gliene saranno grati. Profondamente grati.
la lapide commemorativa

Grazie Portovenere, sei la più bella.
Oggi, stasera, le tue vecchie  mura, vibrano; hanno assaporato  sentimenti ed hanno ascoltato memorie.
Mi auguro che, risentendo il nome del Comandante, la tua gente rinnovi, con l’orgoglio di appartenenza,  l’antico coraggio e l’antica forza.
La forza e il coraggio dei tuoi figli migliori che  solcando, amando, temendo e vincendo il mare, hanno avuto la capacità di conservare integro l’assetto del Borgo antico che, a sua gloria e a vanto d’Italia, è fatto e deve rimanere di scale, carugi, capitoli, calate, castello, chiese, cimitero, porte, mura, anfratti, grotte, orti e… di tanta, tanta poesia.
 
Grazie.
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