La sera del 5 marzo scorso, al termine di una cena frugale scaldata
dal tepore di ricordi e di affetti, Anna Carla, la sua primogenita
mi ha chiesto di scrivere. Scrivere per memorizzare, scrivere per
far sapere, scrivere per i figli, le sorelle,
i nipoti e i parenti tutti. Ed io ho scritto per Lei e per
loro. L’ho fatto di ritorno da Genova, in terra toscana, con l’aiuto
di Anna Maria sorella
di Lella e mia moglie.
Il ventitre (23) di
giugno del millenovecentoventitre (1923) a La Spezia vide la luce
Gabriella (Lella) Montefinale.
L’attendeva da nove mesi la
madre Carlotta (Nina) Faggioni e con lei, l’attendeva il padre Gino, il
Comandante.
La giovane coppia era convolata a nozze il 14 febbraio 1920 e già nel
1921, sempre a La Spezia
aveva visto la nascita della primogenita Vittoria; sempre a La Spezia, sommessamente
auspicando l’arrivo di un maschio (allora la scoperta del sesso dei
figli poteva avvenire solo al momento della nascita), ecco che il mese
di luglio del 1934, ai coniugi Montefinale portò
l’ultimogenita Anna Maria .
Lella si è spenta in Genova nella notte tra il 3 e
il 4 marzo 2008. Riposa nel cimitero di Nervi accanto a Mimmo.
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“Bagni di Casciana – io (orribile!) mentre faccio
sfoggio della mia abilità ciclistica”
ALLA SUA
MEMORIA
Nel 1940, per una diciassettenne gravata tra
l’altro da caratteristiche
avvenenti, avere una bicicletta o meglio ottenere una bicicletta,
sfrecciare su di questa facendo inevitabilmente svolazzare le ampie
sottane, era uno scandalo.
La ragazza in bicicletta all’epoca come minimo era
tacciata con l’appellativo di “moderna” che in sintesi, a quei tempi
castigati, era sinonimo di spensieratezza, estrema vivacità, tendenza
all’evasione.
E Gabriella Montefinale nel ricordo di
ragazzo che conservo è si legato alla bicicletta, ma soprattutto a quel
suo carattere esuberante e…sbarazzino che provocava in tutti simpatia e
voglia di ammirarla ed ascoltarla.

Una prima esibizione di esuberanza birichina, la Lella ebbe modo di darla
all’età di quattro/cinque anni presso un tavolo bar di Via Veneto in
Roma dove con la indimenticabile amica di famiglia Giuseppina D’Ayala,
stava seduta in vogliosa attesa di una consumazione.
Ebbene, presso quel bar, il cameriere non mancò di prendere
l’ordinazione dall’adulta accompagnatrice… dimenticando la bambina. E la
bambina, questo lo ricordava spesso divertita ed ammirata la cara
Giuseppina D’Ayala, con fare imperioso prese l’iniziativa e con voce
squillante esclamò: - cameliele, a me un gelatino!
La bicicletta e il gelatino.
Il “gelatino” consumato sul finire degli anni ’20 a
Roma sede dal 1925 della famiglia Montefinale;
la “bicicletta” inforcata a Bagni di Casciana, nel
giugno del 1940 all’inizio del grande conflitto mondiale.
Questi gli inizi esuberanti di una fanciulla, poi
divenuta donna, madre e nonna. Inizi che ebbero sede a:
- Roma –
Via degli Scipioni nel quartiere Prati -
dal 1925 e sino al 1934 sede della famiglia Montefinale che aveva
seguito il padre Gino alto ufficiale della Marina Militare addetto al
Ministero delle Telecomunicazioni;
- Genova – Spianata Castelletto – dal 1934 al 1940
sede della famiglia sempre al seguito del padre Gino che, lasciata la Marina Militare, era stato su chiamata di
Guglielmo Marconi nominato Direttore delle omonime Officine genovesi
ubicate presso il Molo Giano;
- Casciana – Via della Vittoria – abitazione presa
in affitto da Brunetta e Alfonsino Sgherri, per vacanze toscane. 
A Roma Lella assolse i primi obblighi scolastici
frequentando la scuola pubblica Ermenegildo Pistelli. Presso quella
scuola la conoscenza con la
giovane De Januario, poi moglie del prof. Vittorio Bachelet ucciso
all’Ateneo romano nel 1979 dalle Brigate Rosse comuniste.
A Genova Lella frequentò le scuole medie e
successivamente il Liceo Classico Colombo; in questo Liceo si vennero a
creare le amicizie giovanili che avrebbero durato tutta una vita, con
Luisa Gabutto e Nina Luisi e sempre al Colombo nacquero…le simpatie e
gli affetti con un certo Erminio Sala (detto Mimmo).
Le vacanze estive della famiglia
Montefinale e quindi della Lella, da quel lontano 1923 e poi di seguito,
sino alla forzata interruzione bellica, per riprendere dopo, ebbero
svolgimento accattivante presso la villa del Cavo di proprietà del nonno
Giulio Faggioni; nella pineta della Villa i “nascondini”, i salti, i
battibecchi, le chiacchiere spassose con la nonna Rosa; sugli scogli di
Porto Venere, nelle sue acque limpide e lucenti i primi grandi tuffi, le
prime nuotate, le amicizie con la cugina Bianca Raviolo e la cara Titti
Comiti, le gite in barca a…furor
di remi, le follie giovanili che del mare sono spruzzi, bevute,
immersioni, stasi “a morto”, resistenza, coraggio, esuberanza.

E a Casciana?
C’era il Duce nel
1940 a guidare con il suo regime la Patria comune ed a Casciana
(allora Bagni di Casciana), a condurre le sue sorti, c’era il Podestà.
Sì, con il Duce e il Podestà ecco le Piccole Italiane, le Giovani
fasciste, le Donne fasciste, le Massaie rurali. Senza dubbio furono
queste “istituzioni” a dare slancio vigoroso e inizio alla emancipazione
femminile.

Con il Duce, le ragazze allevate al culto della Patria e affascinate
dalle conquiste anche sportive del super-uomo in camicia nera, uscirono
per la prima volta dal custodito guscio familiare e, baldanzosamente, in
qualche caso prendendo una bicicletta, corsero verso la “libertà”.
Gabriella Montefinale, in famiglia chiamata Lella,
fu audace seguace della nuova Italia. Andò anche in bicicletta (le
strade di Casciana la videro sfrecciare sorridente e scapigliata), e
prestò la sua opera di concetto – era studentessa
di liceo classico – presso il Municipio cascianese che all’epoca,
per la guerra in corso, scarseggiava di uomini richiamati alle armi.
Il suo fu volontariato antelitteram (a quei tempi
il volontariato si chiamava patriottismo), lavorò con slancio ed
intelligenza; il Podestà di allora la scelse tra molte e ne apprezzò
l’opera.
Era un’opera seria (ufficio anagrafe e tesseramento
alimentare) ma il carattere esuberante della nuova assunta seppe portare
in quella stanza quel pizzico di calore, di vitalità, di inventiva che
per prassi non albergava negli uffici pubblici, tutti seriosi e con
impiegati dotati di una scrivania, di un calamaio con pennino e due
mezze-maniche nere.

All’ufficio anagrafe del Municipio di Casciana,
Lella Montefinale la novella patriota, notò giorno dopo giorno il lucido
cranio del Capo Ufficio (Centurione – quindi Ufficiale - della Milizia
Volontaria Sicurezza Nazionale fascista). Questo lucido cranio appariva
al suo sguardo quando, spessissimo, il Capo, osservando il lavoro da lei
compiuto, piegava la testa in avanti e tentennando assentiva o meno.
Per molti giorni l’ho guardato questo lucido
cranio – affermò Lella quel giorno – ma oggi non ho resistito: ho
preso il timbro datario che mi adescava e imbevendolo di inchiostro, ho
colpito. Si, carissimi, ho colpito e timbrato la glabra cervice del capo.
Non fu scandalo, non ci furono reprimende,
tutto ebbe termine con delle grandi risate. Ci fu detto che a
ridere a crepapelle fu persino il Podestà e il Segretario Comunale.
La parentesi pre-bellica cascianese e genovese
della famiglia Montefinale ebbe termine quando il papà Gino, assurto dal 1934 a collaboratore di
Guglielmo Marconi e quindi alla Direzione delle Officine Marconi di
Genova, dovette seguire le Officine predette in quel di Montecatini
Terme. Il trasferimento fu obbligato dal conflitto in atto per dare
asilo sicuro alle attrezzature delle Officine.
Da Montecatini, la nostra Lella, ebbe la costanza
giornaliera di prendere il treno e raggiungere Firenze per frequentare la Facoltà Universitaria
di Lettere. Anche in questo periodo, durante questi spostamenti
giornalieri che erano anche pericolosi a causa del persistente
“interesse” che gli aerei anglo-americani mostravano anche nei riguardi
delle linee ferroviarie secondarie,
la Lella
non mancò di evidenziare il carattere del suo essere esuberante,
coraggioso e, con un pizzico di disinvoltura, svagato. Mi si dice che
spesso e volentieri, ricevendo dalla madre particolari incarichi per
commissioni, dimenticava il tutto in treno.
Poi l’aggravarsi del conflitto
mondiale, la catastrofe dell’otto settembre, la fuga dai centri urbani,
lo sfollamento. Anche la Lella, al seguito della
famiglia, lasciata Montecatini, raggiunse prima la Perla di Carrara per poi
insediarsi a Carrara.
A Carrara, per avvicinarsi ai nonni Faggioni, alla
famiglia materna di origine, fu detto; in realtà,
fu accertato poco dopo, per stabilirsi in luoghi
che con il passare dei giorni, giorni duri e atroci, divennero “
la linea gotica” di estrema difesa predisposta dall’esercito tedesco per
contenere e contrastare l’ascesa (lenta e tempestosa) delle armate
anglo- americane intrapresa dal nostro sud verso il nord e la Germania di Hitler.
Il Diario di Guerra che nonna Nina, la madre di
Lella, tenne a partire dal 1° gennaio 1945 riporta nei dettagli spesso
intimi, sempre avvincenti e drammatici, gli avvenimenti che coinvolsero
lei e i membri della sua famiglia.
E come non parlare della Lella in questo diario?
Il 5 gennaio la Lella è uscita e anch’essa è
riuscita a prendere un mezzo chilo di…pecora.
Il 6 gennaio – Befana di
guerra – dopo il primo bombardamento di Carrara siamo partiti per La Perla. Al ritorno
chiudono la marcia Vittoria e Lella che, caso strano, non litigano fra
loro, ma commentano i fasti e nefasti del giorno.
Il 18 gennaio, giornata
grigia, Lella è partita al mattino per S. Terenzo ai Monti in cerca di
cibarie.
Il 23 gennaio Gabriella
non si sente bene, ma si alza ugualmente. Il giorno dopo sta meglio e
domani si alza; mi manca molto il suo aiuto.
Il
25 gennaio dopo una nottata calma, ecco il passaggio della solita
formazione di aerei. Io perdo la testa. Non so se stare in casa o
correre al rifugio, poi si finisce per litigare tutti insieme,
specialmente con Gabriella che è decisamente per rimanere dove si è e
così succede.
E viene finalmente il 13 maggio 1945:
Gino e Lella sono
partiti per Genova senza permesso. E’ stata una partenza emozionante: li
ho accompagnati fino al crocevia di Avenza e lì abbiamo aspettato
mezz’ora un mezzo di fortuna. Passavano vuoti i camion inglesi. I
conducenti ci guardavano spavaldi e sprezzanti. Mai come stamani ho
sentito l’umiliazione della nostra sorte, di appartenere ad un popolo
vinto e vinto con disonore. Finalmente un camioncino si ferma ed è preso
d’assalto. Un sottufficiale avverte che il camion trasporta esplosivi,
molti ridiscendono, qualcuno rimane. Gino e Lella sono ancora a terra
quando ecco un altro camion che però va soltanto fino a Sarzana. Gino si
arrampica come uno scoiattolo, non vedo salire la Lella, ma evidentemente ce
l’ha fatta perché non è più vicino a me. Ma ho in giornata notizie dalla
signora Manara che viene da Luni e che mi assicura di averla vista
baldanzosa e fiera in piedi sul tetto del camion.
Lella la patriota, Lella la coraggiosa.
Ecco che nel Diario della nonna Nina appare la personalità di una
ragazza/donna, generosa, volitiva e appunto coraggiosa. Per averne
conferma, rileggete per intero il Diario di nonna Nina. Io ho riportato
piccoli piccolissimi stralci: per sottolineare il carattere di una
ragazza/donna ed invogliarvi
ad approfondire.
Dopo il viaggio avventuroso intrapreso
da nonno Gino e Lella a mò di scout, concluso il grande conflitto
mondiale, la famiglia rientra a Genova a rigodere da Spianata
Castelletto 2, gli splendidi tramonti. La Lella si laurea in Lettere
beneficiando dei bei voti presi nella prestigiosa Università di Firenze.
E, esuberante, riallaccia all’istante le interrotte amicizie.
Per casa Montefinale cominciò a
circolare “quel tale” conosciuto a suo tempo tra i banchi di scuola del
Liceo Colombo.
Un giorno Lella aveva
fatto arrabbiare papà Gino per aver reagito con urla scomposte alla
visione di un ragno. Sul più bello della sgridata paterna, squillò il
campanello di casa, papà Gino aprì la porta trovandosi davanti il timido
e sorridente Mimmo. Lo investì con: - ma se
la prenda, se la porti via!
- .
Erminio (Mimmo)
Sala la portò via dopo poco tempo. La portò via per modo di dire
perché Anna Carla la loro primogenita nacque il 24 marzo del 1953 e
trascorse i primi anni di vita in Spianata Castelletto, 2 in quel di Genova.
Giovanni, il maschio erede del nome dei
Sala, nacque il 20 settembre 1957 quando la novella coppia Lella-Mimmo
si trasferì al numero 11 della via Tavella.
Li
ho visti bambini questi nipoti Sala:
-
l’una, la femmina,
efficace imitatrice della voce di Topo Gigio e festosa, esuberante
bambina affacciata il mattino del 23 settembre 1961 alla finestra
balcone dell’abitazione dei nonni Montefinale di via Delpino, 10 gridare
verso me, in strada, addobbato…a matrimonio: z…i…o!;

- l’altro, il maschietto, intento come cucciolo liberato da guinzaglio a
correre a perdifiato lungo i marciapiedi di Castelletto; ed anche
proteso a far muovere sulla testa glabra di nonno Gino un piccolo
modello di automobile.
Ma Giovanni,
che fai, mi hai preso per un autodromo?
Il mio ricordo si conclude così:
-
con la visione di una barca: AnGiuGiFra (An come Anna, Giu come Giulia,
Gi come Giovanni, Fra come Francesco – il nome alla barca fu trovato e
dato dalla Lella) acquistata in comunione con i Sala per goderci
il mare di Porto Venere;
-
con il salire profumato e gustoso di una zuppa di datteri che le nostre
famiglie al tramonto di una sera estiva di ogni anno erano solite andare
a mangiare al Pozzale;
-
con la visione lontana di una barca ancorata alle “secche” a prender
orate giganti;
-
con la visione di una
bicicletta un po’ sconnessa, con pochi freni e dotata di cesta
porta/pacchi rusticana, condotta con mano ferma
ed andatura lenta lungo il percorso Ulivo – Porto Venere. E’
mattino presto, c’è silenzio sul lungomare portovenerese, Lella la
conduce con cautela, è guardinga, sorride. Sorride con un sorriso
dolcissimo che nell’immobilità ho riveduto.
Paolo Noceti
Casciana Terme, marzo 2008
Un grazie a mio figlio Francesco che nel corso della breve visita
pasquale ha curato l’impaginazione del testo.
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