ANDATA E RITORNO

1998


I colori della copertina hanno un significato, sono gli antichi colori istituzionali della Fiera di Milano


edito da Edizioni Cardano (Pavia)

 
 

Al mio paese che allora si chiamava Bagni di Casciana (oggi Casciana Terme), la festa patronale cade il quindici di agosto di ogni anno. L’Assunta in cielo è la titolare della chiesa arcipretura del Paese e il quindici di agosto è, in gergo, la festa dell’Assunta.
Il quattordici di agosto di ogni anno, al mio paese,  cominciavano e cominciano i festeggiamenti con l’allestimento della fiera dell’Assunta. Una serie di banchi, prevalentemente dedicati ai giocattoli ed ai dolciumi (dominano i brigidini di Lamporecchio), si distendevano un tempo sotto i “platani” di Piazza, oggi sulla Piazza Mazzini o su quella delle “corriere”. Quando la vita era più semplice e meno dispersiva, la fiera dell’Assunta era una grande festa per tutti ed in particolare per i ragazzi. Quel giorno, ai ragazzi, i genitori, i nonni, gli zii, “davano la fiera” (una mancia particolare, extra).
I festeggiamenti raggiungevano il loro culmine nel pranzo del quindici agosto che solitamente voleva riuniti, intorno ad una stessa, grande tavola, tutti i membri di una stessa famiglia che a Casciana accorrevano da ogni luogo, vicini o lontani che fossero. Quel giorno, si diceva, in ogni casa cascianese “ il pollo bolle in pentola”.  
Sono passati tanti anni dal giorno in cui la corriera del Ricciardi & Carpita mi portò da Casciana a Pontedera e da lì, il treno, mi portò a Milano e alla sua Fiera.
Milano mi ha trattenuto per lunghi anni, sembrava non volesse più lasciarmi andare. Milano si fa amare e si affeziona a coloro che di essa sanno cogliere lo spirito austero e dinamico.
L’andata con gli esclusivi, fatiscenti, mezzi d’epoca ancora disponibili. Il ritorno con gli strumenti che il progresso ha reso popolari: le autostrade, l’automobile.
Tra l’andata ed il ritorno, la lunga operosa sosta nella grande città del nostro nord. Nella città forse più città di ogni altra che abbiamo in questa nostra Italia.
 Ho deciso di scrivere ancora. Mi sono nuovamente immerso nei ricordi, ho sollecitato la residua materia grigia che mi rimane, per riesumare ricordi di persone, ambienti e iniziative che, credetemi, non pensavo proprio di poter rivivere.....scrivendo.
Ho rivissuto.....scrivendo, circa quarantanni della mia vita. Gli anni più importanti, quelli che dicono siano “corredati” di tutti i mezzi che natura e volontà forniscono per crescere in età ed in......sapienza.
Anch’io faccio parte della grande schiera degli emigrati che nei lontani anni cinquanta lasciarono la propria terra per intraprendere attività lavorativa fuori dalle mura rassicuranti e care del proprio paese.
Questo mio scritto è la narrazione della vita che mi vide protagonista milanese di un lavoro unico ed entusiasmante quale in quei tempi postbellici riusciva ad essere quello fieristico (mi auguro che lo sia ancora). E’ anche però e, questo lo reputo  significativo, intimo desiderio di esprimere a chiare lettere il ricordo, con il loro nome e cognome e - ove possibile - con le attività svolte, di tutti coloro che, paesani come me, furono costretti a lasciare la loro terra spesso, troppo spesso incapace di fornire adeguato sostentamento al loro futuro.
 Come è ben conosciuto, molti cascianesi se ne andarono e se ne sono  di recente andati anche per libera scelta, alla ricerca di qualche cosa di nuovo che li traesse fuori da situazioni precarie, deludenti, spesso anonime, senza speranza, senza spessore; altrettanti però furono costretti ad andare perché il proprio paese non era in grado di fornire loro adeguato sostentamento; altri perché nella politica economica intrapresa dai nuovi reggitori della cosa pubblica non intravedevano indirizzi che si delineassero adeguati alle  potenziali capacità che intimamente sentivano di possedere, ma che niente e nessuno stimolava per farle emergere; altri perché capirono in tempo, con lucida preveggenza che “nessuno è profeta in patria”.
 La fine della seconda guerra mondiale, con la volontà di rinascita che manifestò, illuse anche i cascianesi che questo luogo benedetto da Dio, a due passi dal mare, a mezzo.... metro dalle maggiori città d’arte della Toscana, con un’acqua termale benefica esaltata da luminari nazionali e stranieri, con una campagna dolce, riposante, pittorica, potesse espandersi, riaffermarsi, assumere caratteristiche e dimensioni  cittadine  tali da mettere i suoi figli in grado di produrre sufficiente “pane” per sopravvivere dignitosamente.
 Questa illusione sopravvisse per un po’ di tempo. L’euforia della ripresa postbellica assalì un po’ tutti e molte famiglie, con sacrifici economici notevoli, fecero intraprendere ai propri figli studi qualificati o superiori, convinti di poterli così preparare adeguatamente all’imminente futuro che già faceva intravedere necessità di specializzazione e di cultura appropriate.
Chi negli anni cinquanta però si avvicinava o aveva superato la “trentina” e non aveva nella famiglia o nei parenti più prossimi attività in proprio che gli potessero assicurare un lavoro sicuro anche se non di  gradimento, non poté certo attendere più di quel tanto e cominciò a guardarsi intorno. Guardò prima lanciando un’occhiata nei dintorni più prossimi poi, rivolgendosi ai padrini politici che già proliferavano copiosi, quindi rispondendo alle offerte di lavoro che anche “La Nazione” con il “Corriere della Sera” cominciavano a pubblicare nel numero della domenica.
 A circa la metà degli anni cinquanta anche i disoccupati cascianesi cominciarono però a perdere la pazienza.
Le Terme, fonte prima di possibile occupazione, erano ancora lì intatte, pur se rabberciate in qualche maniera, per dare cure ai coraggiosi primi ritorni della clientela più affezionata. Gli Alberghi e le Pensioni anziché aumentare di numero, diminuivano. La clientela non appariva più di quel livello particolare che normalmente al suo passare porta ricchezza. Sembrava, sono mie impressioni d’epoca, che ci si fosse convinti di poter vivere di rendita. Di quella rendita favolosa che i nostri padri avevano accumulato nei tempi d’oro del termalismo di élite.   
 Andammo quindi via, con il groppo in gola, con tanta, tanta nostalgia nel cuore, un po’ risentiti verso la nostra terra che sembrava respingerci (non era la terra che ci respingeva). Andammo delusi e sconsolati.
Ma anche forti e decisi a dimostrare a noi stessi prima che a chiunque altro che saremmo stati capaci di creare dal nulla, senza nulla, un nostro nuovo mondo, una nostra nuova famiglia, un nostro buono e sufficiente pane quotidiano.
 ANDATA E RITORNO è il divenire di una generazione di cascianesi che ha inutilmente sperato, ha fortemente voluto ed ha creduto in se stessa con coraggio. Una generazione che a quei tempi  è andata via e poi, con gioia, appena ha potuto è ritornata alla “Piazza”. Di questo gruppo però desidero che faccia parte anche quel numero di cascianesi che sono andati ma che ad oggi non mostrano di essere tornati o di voler tornare. Anche loro sono dei nostri e sono qui con noi, sento che ci sono ed hanno un cuore più grande, forse più gonfio di ricordi e di nostalgie che non possono o non vogliono manifestare. Che siano i migliori?
 Il racconto della mia vita milanese, occupa una parte preminente dello spazio di questo volume. Tenete conto che scrivendo di me, pur se inconsapevolmente, ritengo di aver scritto il vissuto di tanti altri. La vita di un emigrato, in fondo in fondo, non si differenzia nella sostanza da quella di un altro emigrato. Tutti si sono sentiti soli, dei numeri. Tutti hanno desiderato risentire l’odore della loro terra. Tutti hanno cercato di ricostruire lontano un nido simile a quello abbandonato. Molti hanno sofferto, aiutati con slancio fraterno dai compaesani trovati per caso in quel luogo dove pensavano essere soli. Molti hanno avuto fortuna, altri sfortuna. Qualcuno è cresciuto emergendo dalla massa, altri sono rimasti piccoli ma onesti e sono riusciti con onestà a far crescere i figli.  
 Alla città - Milano - che mi ha ricevuto e accettato per lunghissimo tempo,  debbo riconoscenza. Verso di lei conservo amore.
Mi ha fatto crescere, mi ha permesso liberamente, senza sollecitare  o accettare intrallazzi di sorta, di salire ad uno ad uno tutti i gradini di una difficile carriera di lavoro, apprezzando e valutando l’impegno, la dedizione, la professionalità. Mi ha consentito di lottare con le mie uniche forze. Mi ha insegnato a vivere in un ambiente non certo prediletto dalla natura. Mi ha detto: lavora, il lavoro c’è, afferralo e tienlo stretto, non lo mollare mai, cercalo, crealo, tieni duro, mantieni la fronte alta, non tremare mai. Chi lavora seriamente ed onestamente non può e deve tremare mai.
 Non me ne vogliate quindi se questo mio scritto, dedicato ufficialmente alla mia cara moglie Annamaria, lo dedico sommessamente anche alla mia ormai lontana città adottiva, a Milano e alla sua grande Fiera. 
Milàn l’è òn grand Milàn cari amici che mi leggete. E’ l’America italiana, è la terra che ha dato speranza e vigore e dignità al lavoro serio ed onesto di migliaia e migliaia di persone avvilite e disperate.
E’ la città della nebbia che......si vede e si.......sente.
E’ la città che ha da sempre suonato lo........squillo della riscossa e del riscatto.
 Da Milano, anche in questi bui giorni di grande disorientamento, aspettiamo fiduciosi il segno della riscossa, non della secessione. Ho lasciato lassù del mio perché contribuisca alla rinascita. Da quel mio apprenderò la buona attesa novella. Verrà presto, aleggia sul.......Resegone (la montagna che domina Lecco e la pianura lombarda), vede già la Madonìna.
Da lassù, la nostra speranza.

INDICE                                                                                                              
 
Introduzione
L’esodo
Preliminari d’andata
L’andata
2 gennaio 1958 e seguenti
La struttura organica fieristica nel 1958
Il grande abbraccio di Milano
Alla scoperta del Quartiere Fiera
Le mostre specializzate
Fotografie e documenti
I Fornitori della Fiera
Arriva la Segretaria – Nascono i S.A.T. - Addio U.L.L.
La costruzione della famiglia - Addio Via Canonica
La carriera - Nasce U.C.L.E.
Il decennio della grande espansione - Milano degli anni di piombo
La stasi
Sintomi di ripresa
Il secondo Direttore Manifestazioni
La corda si spezza
Lacchiarella
Il nuovo corso
Il ritorno
La nuova vita

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InFiera del Giugno/Luglio 1999

CONFERENZE                                                                                                  


Presentazione al Rotary Club Belgioioso, Sant'Angelo Lodigiano il 17/5/2000

DISPONIBILITA'                                                                                             


il libro è reperibile rivolgendosi a:
Libreria EDIZIONI CARDANO - Via Cardano, 48/52 -  27100 Pavia
Tel. 0382 23377 - Fax 0382 307476 -
www.cardano.it - email: info@cardano.it

 

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